Il settore del riciclaggio inerti in Italia

ANPAR ritiene che i dati di ISPRA in relazione alla produzione siano sottostimati, in quanto studi condotti in alcune realtà locali (ad es. Provincia di Roma) dimostrano che lo smaltimento illegale di questi rifiuti raggiunge anche il 50% del totale della produzione complessiva.
Ugualmente incerti sono i numeri sugli impianti di riciclaggio autorizzati sul territorio nazionale, che possiamo stimare tra le 2.000 e le 3.000 unità.
I prodotti riciclati sono oggi impiegati per la costruzione di strade, il confezionamento di calcestruzzi non strutturali e attività di ripristini ambientali.
Nonostante la competitività del prezzo di vendita dei prodotti (in media 50% in meno degli inerti da attività estrattive), l’impiego dei materiali riciclati sta subendo un momento di grave difficoltà dovuta alla diffidenza delle stazioni appaltanti pubbliche e private da ricondursi alla mancanza di regole chiare in relazione al tema dell’End of waste e del GPP di settore.

Problematiche del settore e possibili soluzioni

Un vero e definitivo sviluppo del settore passa attraverso la risoluzione di alcune problematiche:
• La legalità in tema di avvio di conferimento di rifiuti di cantiere.
• La caratterizzazione di piccole quantità di rifiuti provenienti da cantieri edili.
• Il Decreto “End of waste” di settore.

La legalità in tema di conferimento di rifiuti di cantiere

In alcuni territori del Paese il tasso di illegalità nello smaltimento dei rifiuti di cantiere raggiunge e supera il 50% del totale prodotto. Si tratta di milioni di tonnellate di rifiuti abbandonati sul territorio a danno della collettività, sia in termini di costi che di danno all’ambiente e alla salute.
Alcune Amministrazioni sono intervenute con provvedimenti normativi Regionali e Regolamenti Comunali che vanno dalla sospensione del lavori (ed es. LR. Campania n. 20/13) al mancato rilascio di agibilità degli edifici (ad es. DGR Lazio n. 34 del 2012) in mancanza delle dovute certificazioni comprovanti lo smaltimento dei rifiuti. Questi provvedimenti non possono essere considerati risolutivi, in quanto tentano, purtroppo invano, di arginare il problema. Spesso gli eccessivi ribassi in gare d’appalto vengo recuperati dalle imprese non smaltendo regolarmente i rifiuti prodotti.
Sarebbe quindi necessario equiparare lo smaltimento dei rifiuti prodotti dai cantieri edili a quanto previsto in tema di sicurezza sul lavoro, non consentendo ex lege ribassi d’asta sulla voce ‘smaltimento dei rifiuti’ e prevedendo l’obbligo di redazione del Piano di gestione dei rifiuti sia in fase di progettazione che in fase di esecuzione dei lavori.

La caratterizzazione di piccole quantità di rifiuti provenienti da cantieri edili

In base alle norme vigenti è necessario caratterizzare analiticamente tutti i rifiuti di cui non sia certa la provenienza con ‘codice a specchio’.
Questo imporrebbe a tutte le imprese edili di sottoporre ad analisi chimiche ogni micro-quantitativo di rifiuti (in genere pochi metri cubi), anche se di origine domestica (ristrutturazione di civili abitazioni). Si può stimare che un conferimento di 3 mc di rifiuti ha un costo di 30 euro, mentre le analisi chimiche di caratterizzazione hanno un costo di 300 euro. Inoltre l’effettuazione delle analisi chimiche è spesso tecnicamente impossibile, in quanto il carico di questi rifiuti sugli autocarri segue immediatamente la produzione del rifiuto. Il materiale deve essere poi nel più breve tempo possibile conferito in impianto, in quanto, escluso il caso degli interventi di manutenzione, non è possibile effettuare il deposito temporaneo fuori dal luogo di produzione dei rifiuti.
Molti Sindaci hanno segnalato un aumento dell’abbandono dei rifiuti inerti sul territorio a seguito dell’entrata in vigore di questa norma, a causa dell’impossibilità degli impianti di accettare carichi di rifiuti in assenza di determinazioni analitiche. Diversi enti pubblici hanno tentato di trovare una soluzione al problema indicando delle procedure operative che consentano agli impianti di attrezzare delle ‘piazzole’ nelle aree di messa in riserva autorizzate ove effettuare ‘in cumulo’ le analisi su questi piccoli quantitativi ricevuti dal produttore senza le caratterizzazioni analitiche (ad es. Regione Lazio) o di accettare dei piccoli quantitativi con un’autocertificazione del produttore (ad es. Regione Liguria).
ANPAR ritiene indispensabile, al fine di uscire da questa situazione di incertezza applicativa della norma, l’intervento del Governo con un atto in grado di fornire istruzioni operative e tenente conto delle indicazioni provenienti dalle Regioni e dagli organi di controllo regionali, che, in più fasi, hanno evidenziato la situazione di criticità esistente in questo momento.

Il Decreto “End of Waste” di settore

Il settore del recupero dei rifiuti inerti ha la necessità di un Decreto “End of Waste” che abroghi la normativa vigente, basata essenzialmente sulle previsioni del DM 5 febbraio 1998, ormai di fatto superate dalle norme UNI per la costruzione di opere di ingegneria di recente emanazione. ANPAR ha dapprima avviato un dialogo con ISPRA e gli altri Organi Tecnici della pubblica amministrazione al fine di giungere nel più breve tempo possibile alla definizione dei contenuti di un DM in materia, senza il quale è molto difficile uno sviluppo organico del settore. Nelle scorse settimane è stato inviata ufficialmente, tramite FISE UNIRE, al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero dell’Ambiente una proposta di Schema di Decreto “End of Waste” con relativi allegati che costituisce una valida proposta in tal senso.

Il presente articolo è stato pubblicato a pag. 15 del n. 2/2016 di Recycling...continua a leggere