A distanza di un anno da quel 14 agosto 2018 sono stati completati i lavori di smontaggio del Ponte Morandi di Genova. Insieme all'ATI demolitori e alle altre imprese coinvolte, abbiamo ripercorso tutte le tappe che hanno caratterizzato uno dei lavori più importanti degli ultimi decenni
"Vedrai una città regale, addossata ad una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare". Così il poeta Francesco Petrarca, in una relazione di viaggio del 1358, descrive la città di Genova e, proprio da qui, deriva il soprannome con cui è conosciuta ai più: "La Superba". Effettivamente, quando si pensa a Genova, non si può non ripercorrere la sua storia, quella di una città crocevia di popoli e culture diverse, imponente, grandiosa e custodita tra la montagna e il mare, frammentata tra passato e presente.
Dallo scorso 14 agosto però, tutto sembra diverso e "La Superba" viene associata a tutt'altro ricordo: erano le 11.36 quando un boato ha scosso l'intera città e, in pochi minuti, il Ponte Morandi, simbolo della città di Genova, non c'era più. 14 agosto 2018. Una data che noi italiani difficilmente dimenticheremo, una data che tutti i genovesi sicuramente non scorderanno.
Il viadotto Polcevera, meglio noto come Ponte Morandi o Ponte delle Condotte, rappresenta una pietra miliare nella storia delle autostrade italiane, sia per la complessità della soluzione tecnica, sia per l'elevato risultato estetico. Progettato dall'ingegner Riccardo Morandi e costruito tra il 1963 e il 1967 ad opera di Società Italiana per Condotte d'Acqua, il viadotto, con i relativi svincoli, costituiva il tratto finale dell'Autostrada A10 e sovrastava sia il torrente Polcevera sia i quartieri Sampierdarena e Cornigliano. Nodo stradale strategico che collegava nord Italia e sud della Francia, ma anche il principale asse stradale fra il centro-levante di Genova, le aree industriali della zona genovese e l'aeroporto Cristoforo Colombo, era lungo 1.182 metri e presentava un'altezza al piano stradale di 45 metri.
Data la quasi occupazione del suolo sottostante il viadotto, l'ingegner Morandi progettò una raffinata struttura strallata in calcestruzzo armato e calcestruzzo armato precompresso con cavalletti bilanciati e stralli omogeneizzati, brevettando lui stesso questa tecnica innovativa che prevedeva l'eliminazione concettuale delle fessurazioni nel calcestruzzo delle guaine. Ne era risultata un'opera davvero innovativa costituita da undici campate: due campate principali sul lato est sorrette da 3 piloni e tiranti in calcestruzzo armato e le restanti campate minori verso ovest, costruite con il metodo "tradizionale", tutto per un piano stradale largo 18 metri. Ogni pila di sostegno reggeva una porzione equilibrata e monolitica di impalcato stradale e, ai due estremi, forniva l'appoggio per due ulteriori porzioni di impalcato tampone, costituite ciascuna da sei travi prefabbricate di raccordo e lunghe 36 metri, semplicemente appoggiate agli sbalzi adiacenti. Questa struttura composta da elementi autonomi era stata così progettata dall'ingegner Morandi per evitare il trasmettersi di tensioni parassite tra una porzione e l'altra del viadotto e ha evitato che il crollo della pila 9 avvenuto il 14 agosto scorso trascinasse con sé tutte le altre porzioni di ponte, per fortuna, rimaste in piedi.
Cronistoria dei lavori
Calo delle prime travi tampone
Con la firma del Commissario Straordinario alla Ricostruzione, nonché Sindaco di Genova, al Decreto di "Affidamento dell'appalto pubblico dei lavori per la realizzazione, in estrema urgenza, di tutte le opere per la demolizione, la rimozione, lo smaltimento e il conferimento in discarica o in altro sito dei materiali di risulta del Viadotto Polcevera in Genova" dello scorso 14 dicembre si è dato ufficialmente inizio alla cantierizzazione propedeutica alla demolizione del Ponte Morandi.
Come riportato dal Decreto, l'appalto è stato affidato a un'ATI demolitori composta da Fratelli Omini Spa (capogruppo), Fagioli Spa, Ipe Progetti Srl e Ireos Spa. A inizio 2019 i lavori sono finalmente entrati nel vivo: dapprima bonificando le aree circostanti e demolendo i fabbricati presenti nell'area per fare spazio alle parti di ponte che sarebbero poi state calate, poi sono stati effettuati i collaudi delle strutture per accertarsi che gli operatori potessero transitare con i mezzi d'opera sul ponte in condizioni di sicurezza, successivamente sono stati effettuati rilievi topografici sul lato ovest del ponte e, infine, si sono svolte indagini geotecniche necessarie al posizionamento delle autogru per lo smontaggio degli impalcati e le prove di carico sul troncone ovest. A seguire sono iniziate le operazioni di scarifica dell'asfalto e rimozione del new jersey sul troncone ovest per l'alleggerimento degli impalcati. Mentre sul viadotto proseguivano le operazioni di alleggerimento del troncone, un altro passo fondamentale è stato il ribilanciamento e consolidamento della pila 8 tramite il posizionamento di un contrappeso che, insieme al "cravattamento" della pila stessa, ne ha consentito la messa in sicurezza.
Lo scorso 9 febbraio si è concluso il primo calo a terra della prima trave tampone, quella compresa tra la pila 7 e la pila 8. L'impalcato dal peso di 916 tonnellate è sceso alla velocità di 5 metri all'ora mediante l'impiego di strand jack e cavi. Sono stati infatti impiegati 4 martinetti idraulici con capacità 600 tonnellate ciascuno (2 sul pilone di ponte lato ponente e 2 sul pilone di ponte lato levante) per abbassare la prima sezione. I martinetti utilizzati per l'operazione di abbassamento sono stati posizionati su travi a sbalzo (cantilever) dotate di ulteriori martinetti (capacità di 180 tonnellate ciascuno) con il compito di bilanciare l'intera struttura. Per ancorare tutta la struttura di sollevamento e abbassamento sono state posizionate trasversalmente e al di sotto dei pilone di ponte di ponente e levante 2 travi di supporto.
Seguendo sempre il medesimo procedimento (posizionamento dei contrappesi e degli strand jack, eliminazione dei vincoli di trattenuta degli impalcati quali giunti fissi e mobili, azionamento degli strand jack che sollevano la trave di pochi centimetri, taglio con filo diamantato dei denti di appoggio dell'impalcato e calo dello stesso) sono state fatte calare anche la trave tampone numero 7 del peso di 850 tonnellate (lo scorso 20 febbraio), la numero 6 del peso di 916 tonnellate (lo scorso 3 marzo) e la numero 5 del peso di 916 tonnellate (lo scorso 15 marzo). La trave tampone numero 3, invece, per motivi di morfologia del terreno sottostante e a causa di una stazione di decompressione del gas interferente con l'impronta dell'impalcato, è stata sezionata in travi e sollevata mediante un autogru della portata di 600 ton.
L'arrivo delle 5 maxi gru in cantiere per lo smontaggio della pila 5 e delle altre pile cantilever
Il 18 marzo presso il Terminal GMT del porto di Genova sono arrivate 5 gru da impiegare per lo smontaggio delle pile di Ponente. Le 2 gru principali sono cingolate, hanno una capacità massima di 600 tonnellate e sono fully equipped (zavorre comprese). Le 3 gru ausiliarie, invece, tutte gommate con braccio telescopico, hanno un'altezza variabile a seconda del braccio che montano (minimo 20 metri, massimo 80 metri). Le gru sono state trasportate in cantiere tramite 72 camion di cui 40 con trasporto eccezionale notturno e assemblate in 10 giorni.
Calo trave tampone numero 4 e rischio amianto
La presenza di amianto in alcuni monconi ha complicato il piano di demolizione previsto dall'ATI demolitori. Il 28 marzo anche la trave tampone numero 4 ha toccato terra. Per poter smontare la porzione di ponte dal peso di 920 tonnellate in completa sicurezza e in ottemperanza alla normative previste in presenza di amianto, l'operazione di taglio è stata sottoposta a irrigazione continua; l'acqua è stata raccolta e poi smaltita grazie all'installazione di un telo impermeabile al di sotto dell'impalcato, in corrispondenza del giunto tampone-cantilever. Il telo, largo 3 metri e lungo 30, ha avvolto e fasciato la parte di impalcato interessata dal taglio ed è stato ancorato alle estremità alle strutture in acciaio cantilever Fagioli mediante un cavo in acciaio per mitigare l'azione del vento e impedire spostamenti. L'acqua raccolta è stata quindi aspirata da elettropompe posizionate sull'impalcato. L'utilizzo di acqua ha reso necessario proteggere anche la strumentazione impiegata per effettuare i tagli, in modo da indirizzare gli schizzi verso il telo. Alla base delle pile, in corrispondenza dei tagli, sono quindi stati posizionati dei teli impermeabili per raccogliere l'acqua che avrebbe potuto fuoriuscire dai teli superiori. Tutta l'acqua raccolta è stata analizzata e, insieme a campionatori ambientali, ha fornito dati utili al proseguo delle attività. Durante tutte le demolizioni non si sono mai registrati superamenti delle soglie di pericolo sia in aria che in acqua.
Smontaggio della pila 5, 4, 7, 6 e 3
La pila 5 è stata la prima a essere demolita sul lato Ovest del cantiere del ponte Morandi. Le operazioni sono iniziate con la rimozione delle parti aggettanti laterali (marciapiedi), poi si è proceduto al posizionamento di tiranti di ritegno (per evitare che, in seguito alla rimozione della trave dell'impalcato, le colonne del ponte subissero un allargamento eccessivo in sommità). Successivamente sono stati predisposti i fori per il passaggio dei bilancini di imbraco e l'impalcato è stato sezionato in tre parti in senso longitudinale: dapprima si è proceduto al calo della prima sezione di trave del peso di 300 tonnellate (16 aprile), poi si è passati alla seconda sul lato nord del peso di 310 tonnellate (19 aprile) e, infine, alla terza sezione, quella centrale (26 aprile). Dopo le tre porzioni di trave impalcato sono stati sezionati anche i pilastri a due terzi della loro altezza mediante tagli obliqui per consentirne la rotazione verso l'esterno e rendere più semplice la calata a mezzo gru.
Per raffreddare i nastri durante i tagli sono stati proiettati dei potenti getti d'acqua sull'impalcato e l'acqua impiegata è stata fatta convogliare in speciali canaline per essere successivamente analizzata a campione per monitorare l'eventuale presenza di crisotilo (amianto naturale), peraltro mai rilevato. Con le stesse modalità sono state smantellate anche la pila 4 (fine maggio), la pila 7 (prima metà di giugno), la pila 6 (prima settimana di luglio), la pila 3 (fine luglio) e la pila 8 (primi giorni di agosto), anche se il contesto in cui l'ATI demolitori si è trovata ad operare variava per ogni pila, soprattutto a causa dei sottoservizi e delle strutture interferenti.
Taglio e calo della trave tampone tra le pile 10 e 11
Mentre alla ex cava Camaldoli (GE) venivano effettuate delle prove per testare le misure mitigative da porre in atto nel corso della demolizione delle pile 10 e 11 con l'uso di esplosivi, in cantiere proseguivano le operazioni di taglio e cavo della trave tampone delle pile in oggetto. Le operazioni si sono concluse nella giornata del 30 maggio e la trave, del peso di 750 tonnellate, è stata, anch'essa, tagliata col filo diamantato e poi portata a terra.
Demolizione con esplosivi pile 10 e 11
Alle 9.37 del 28 giugno le pile 10 e 11 sono state abbattute mediante l'uso di esplosivi. L'ATI dei demolitori si è occupata della progettazione e della messa in opera delle importanti opere di mitigazione delle polveri, oltre che del posizionamento delle cariche e del calcolo dei micro-ritardi da applicare per creare il cinematismo di caduta atteso. Dopo aver effettuato sofisticati studi sulla previsione di propagazione delle polveri e aver coinvolto uno dei maggiori esperti di amianto in Italia (Prof. D'Angelo), il team dei demolitori, con l'assistenza dell'esplosivista al quale aveva affidato in subappalto l'attività di caricamento e brillamento delle cariche esplosive (SIAG), ha sperimentato, sempre nella ex cava Camaldoli, la creazione di muri d'acqua mediante l'inserimento di micce esplosive all'interno di piscine create ad hoc.
Gli studi condotti hanno portato alla realizzazione in opera di circa 1,5 km di piscine create con new jersey rivestiti con teli in polietilene, all'applicazione di 4000 sacche d'acqua da 25 kg ciascuna in corrispondenza dei punti di inserimento delle cariche, al posizionamento di 12 irrigatori ad altissima portata e di 8 cannon fog in grado di nebulizzare enormi quantità, alla stesura di circa 30.000 mq di tessuto non tessuto bagnato a copertura del terreno sottostante il ponte e alla realizzazione di circa 1 km di barriere antipolvere alta 12 mt. Una volta realizzati i fori per l'inserimento dell'esplosivo, l'ATI ha coordinato il subappalto SIAG che si è occupata dell'inserimento delle cariche, del posizionamento dei detonatori elettronici e del brillamento finale in collaborazione con RINA e, unitamente alla Struttura Commissariale, del corretto svolgimento di tutte le operazioni di evacuazione e di sicurezza per il giorno dell'esplosione. Per i dettagli vedasi la descrizione specifica redatta da Danilo Coppe.
Smontaggio pila 8
Se inizialmente per la pila 8 era stato previsto l'abbattimento con gli esplosivi, in corso d'opera si è deciso di optare per lo smontaggio. Questo perché, dai rilievi effettuati da Arpal, agenzia per la protezione ambientale in Liguria, è stata rilevata una presenza di amianto naturale in una quantità inferiore a 120 mg/kg (la soglia più bassa che può essere rilevata dagli strumenti di misura) e i tempi strettissimi non permettevano di affrontare le giuste riflessioni e gli studi necessari a garantire l'incolumità del personale, della popolazione e dell'ambiente circostante. Ecco perché si è deciso di smontare anche la pila 8 con il medesimo metodo con cui erano state smantellate le altre. Di 4 metri più lunga rispetto a tutte le altre, ha richiesto alcuni tagli aggiuntivi di alleggerimento. Prima sono stati tagliati e calati a terra tutti i marciapiedi, poi gli sbalzi di levante (ossia la parte sporgente della pila sulla quale poggiava il tampone 9 crollato insieme alla pila il 14 agosto) e, a seguire, i tre cassoni, ciascuno formato da due travi e le gambe. Dopo il taglio e il calo del primo cassone, è stata smontato anche il secondo di una lunghezza di 40 metri (a differenza dei 36 metri di tutti gli altri cassoni) e del peso di 460 tonnellate. Nella notte tra il 22 e il 23 luglio è stata abbassata anche la terza e ultima porzione, poi si è passati al taglio e definitivo smontaggio delle gambe. A differenza delle altre pile, dove raggiunta quota + 25 mt si è intervenuti con gli escavatori, le gambe della 8 sono state sezionate a filo diamantato e sollevate con due maxi gru fino a quota zero, questo per evitare di indurre vibrazioni alle fondazioni della nuova pila 9 realizzate adiacenti alla vecchia pila 8.
Smontaggio pila 2
La pila 2, ultima rimasta e situata a ridosso della collina di Coronata, è stata abbattuta contemporaneamente alla pila 8. Trovandosi su una scarpata con pendenze anche superiori ai 45 gradi, non è stato possibile avvalersi delle maxi gru impiegate per la demolizione delle altre pile. Si è quindi reso necessario dapprima procedere alla realizzazione di piste di cantiere che permettessero di raggiungerla con escavatori da demolizione (quindi con bracci di oltre 25 mt di lunghezza), successivamente la pila è stata bloccata alla sua base con dei getti di emaco, questo perché, a differenza delle altre pile, alla base della pila 2, erano state create delle cerniere che permettessero di ammortizzare le tensioni del collegamento tra la parte fissa (pila 1 o spalla 1) e quella mobile (tampone 3). Realizzata una piazzola di lavoro, sono state predisposte delle barriere fisiche che impedissero ai detriti di rotolare fino a corso Perrone (strada alla base della scarpata che è rimasta aperta a fasi alterne), poi si è passati alla vera e propria demolizione con gli escavatori. Le operazioni si sono concluse il 12 agosto segnando così la fine della demolizione del viadotto Morandi.
A seguito di una serie di esposti circa il pericolo che nel Ponte Morandi ci potesse essere una presenza preoccupante di amianto, siamo stati costretti, lo scrivente, Alberto Iacomussi della IpeProgetti e Michele Risso della Siag a rivedere un progetto che traeva le origini nel lontano 2003 quando interpellato da Autostrade Spa, produssi un progetto che prevedeva l'abbattimento del viadotto, tranne alcune campate, a ponente, per le quali contemplavo un sistema di taglio e alaggio. Il progetto di abbattimento vero e proprio, non presentava particolari criticità, poiché gli impalcati erano evidentemente sostenuti da pilastri e quindi annullando gli stessi si sarebbe ottenuto il collasso dell'intera struttura. Quello che cambiava, rispetto ad altri progetti di abbattimento, era la "scala" dimensionale del manufatto. Per rendersi conto delle dimensioni reali dell'opera non bastava vederla in televisione. Le antenne della struttura superavano i 90 metri di altezza. La lunghezza del viadotto era più di un chilometro.
L'articolo è stato pubblicato a pag 114 del n.122/2019 di Recycling... abbonati e continua a leggere