Dall’8 all’11 febbraio scorso si è svolto a Taormina SiCon 2024, il tradizionale workshop annuale dedicato al risanamento e alla messa in sicurezza dei siti contaminati. Abbiamo fatto il punto con il Professor Federico G.A. Vagliasindi, Docente di Ingegneria Sanitaria-Ambientale presso l’Università di Catania nonché Direttore Scientifico per la Sede ospitante di SiCon 2024
Un'occasione di proficuo confronto tra gli operatori del settore che vuole mettere a disposizione dei partecipanti un ampio quadro di quanto è stato ad oggi realizzato nel campo delle bonifiche, con specifico risalto agli aspetti tecnico-operativi. È questo SiCon: il tradizionale workshop organizzato dai gruppi di Ingegneria Sanitaria-Ambientale dell'Università di Brescia, dell'Università di Catania e dell'Università di Roma La Sapienza, in collaborazione con l'ANDIS (Associazione Nazionale di Ingegneria Sanitaria-Ambientale), il GITISA (Gruppo Italiano di Ingegneria Sanitaria-Ambientale) e il CSISA (Centro Studi di Ingegneria Sanitaria Ambientale) di Catania.
Durante SiCon 2024 che si è svolto a Taormina dall'8 all'11 febbraio scorso sono stati illustrati, nel dettaglio costruttivo/gestionale, casi di studio di risanamento e messa in sicurezza di siti contaminati a scala industriale. Nell'ambito dell'evento sono intervenuti esperti nel settore delle bonifiche di terreni, acque sotterranee, sedimenti e siti minerari, mentre una sessione è stata interamente dedicata ai risultati più recenti della ricerca scientifica sulle tecnologie di risanamento.
Noi abbiamo fatto il punto con il Professor Federico G.A. Vagliasindi, Docente di Ingegneria Sanitaria-Ambientale presso l'Università di Catania nonché Direttore Scientifico di SiCon 2024.
Professore, l'ultima edizione del SiCon ha registrato un enorme successo. Quest'anno com'è stato accolto l'evento?
Uno degli aspetti peculiari del SiCon organizzato dalle Università di Brescia, Catania e Roma La Sapienza è la "rotazione" della sede di svolgimento: a causa dell'emergenza COVID, nel 2021 l'edizione di Taormina si era tenuta in remoto. Questa "astinenza" ha forse contribuito al successo di partecipazione dell'edizione di quest'anno, con l'adesione di oltre trecento iscritti, provenienti da Enti pubblici, Aziende private, Università e Centri di ricerca e mondo delle professioni.
Come si configura attualmente lo stato delle attività di bonifica in Italia?
Tanto è stato fatto, molto resta da fare: il numero di siti, le problematiche tecniche sfidanti, la necessità di ingenti risorse economiche, gli articolati iter burocratici sono fattori che spiegano le difficoltà operative spesso incontrate. Più volte si è intervenuto sulla normativa per snellire alcuni dei procedimenti. Rilevante permane la difficoltà ad accompagnare gli interventi con previsioni affidabili dei tempi di intervento: ciò è particolarmente vero nei SIN (Siti di Interesse Nazionale) dove la stratificazione storica delle attività produttive comporta una eterogeneità della distribuzione della contaminazione che spesso sfugge alle caratterizzazioni, comportando poi difficoltà operative nell'attuazione degli interventi di bonifica.
Parlando di tecnologie, a livello di Ricerca e Sviluppo cosa si sta studiando/sperimentando?
Gli interventi full-scale applicati sul territorio nazionale sono ad oggi maggiormente basati sull'affidabilità di tecnologie consolidate quali Pump&Treat, ISCO/ISCR e BV/SVE. I trattamenti di decontaminazione elettrocinetica, desorbimento termico, S/S e washing rappresentano scelte prioritarie anche per il risanamento di sedimenti marini contaminati. Tutte queste tecnologie sono però particolarmente energivore e spesso caratterizzate da ridotta sostenibilità ambientale ed economica. Per superare tali limiti, si stanno studiando sistemi più innovativi quali il groundwater circulation well (GCW), il desorbimento termico in situ (ISTD), i trattamenti bioelettrochimici o le barriere reattive permeabili. Emerge contestualmente il ruolo fondamentale della ricerca applicata, le cui investigazioni esplorano tematiche di frontiera con il fine di coniugare gli elevati rendimenti al concetto di eco-sostenibilità secondo gli attuali concetti di economia circolare e transizione ecologica. Particolarmente studiate ancora le tecnologie ISCO/ISCR, a cui si aggiungono sistemi che accoppiano sinergicamente più trattamenti (Electrode-Aided-Soil-Remediation, Surfactant-Enhanced-Aquifer-Remediation, irradiamento a microonde supportati dall'uso di carboni attivi colloidali), la phytoremediation e la mycoagumentation. Particolarmente investigati infine diversi materiali innovativi per il risanamento ambientale quali biopolimeri, biochar o biosurfattanti.
In cosa consiste il legame tra consumo di suolo e bonifiche/recupero di siti contaminati?
Il legame è forte, per diversi aspetti. Innanzitutto, è evidente che rifunzionalizzare un sito dismesso e bonificato consente di ridurre il consumo di "nuovo" suolo. Inoltre, un chiaro progetto di rifunzionalizzazione consente di procedere con un contenimento anche significativo dei tempi di intervento e di reperire con maggiore facilità le necessarie risorse economiche, assicurando un ritorno economico nel tempo.
Quali sono le ricadute ambientali e socio-economiche che derivano dagli interventi di bonifica?
Non è facile generalizzare: in diversi casi gli interventi di bonifica si rendono necessari a seguito del verificarsi di "semplici" eventi di contaminazione, consentendo di ripristinare condizioni di fruibilità, per le diverse destinazioni d'uso compatibili, delle aree impattate. Nei casi invece di "grandi" siti, gli interventi di bonifica possono rappresentare occasioni uniche di riscatto socio-economico, oltre che ambientale, recuperando e rifunzionalizzando aree depresse e spesso abbandonate, nell'ambito di veri e propri progetti di riqualificazione. In questo contesto, risulta imprescindibile una osmosi tra il progetto di bonifica e quello di rifunzionalizzazione che può comprendere interventi e previsioni che sinergicamente contribuiscono alla bonifica, riducendone tempi e costi.