Aggregati riciclati e certificazione: limiti, difficoltà e opportunità

Linee guida per operare nel rispetto delle normative ambientali nelle attività di recupero di rifiuti da costruzione e demolizione


L'esperienza maturata negli anni nella certificazione degli impianti di recupero di aggregati riciclati dai rifiuti da costruzione e demolizione consente di fare qualche riflessione che può essere utile agli operatori del settore, anche alla luce dei continui quesiti che pervengono quotidianamente ad ABICert in considerazione delle numerose sovrapposizioni e contraddizioni presenti nel quadro normativo e legislativo che condizionano i processi di certificazione degli aggregati riciclati ed automaticamente la conduzione degli impianti e, infine, la promozione e la commercializzazione degli aggregati riciclati sul mercato. In questo momento storico in cui la dimensione ambientale ed ecologica rappresenta uno dei tre pilastri della sostenibilità, questi argomenti si pongono al centro dell'attenzione di tutto il comparto produttivo dei materiali da costruzione, dei lavori pubblici e dei lavori privati finanziati dal Superbonus, soprattutto a seguito della pubblicazione del decreto end of waste dei rifiuti da costruzione e demolizione e del nuovo decreto sui CAM in edilizia.


Tanta confusione ma anche tanti limiti strutturali: mancano gli spazi

Dopo anni di sopralluoghi presso impianti di recupero rifiuti inerti dislocati su tutto il territorio nazionale è ormai maturata la consapevolezza che nel settore aleggia una certa confusione e sono presenti tante convinzioni e imperfetti modi di operare che possono mettere a rischio sotto il profilo legale i produttori di aggregati riciclati che nella maggior parte dei casi agiscono in buona fede credendo di operare correttamente.
Assai spesso i piccoli impianti di produzione sono seguiti solo saltuariamente da consulenti spesso oberati di incarichi sempre meglio remunerati e pertanto soggetti a discontinuità di erogazione delle prestazioni. Molto spesso i produttori si trovano imputati in processi di cui ignorano le reali connotazioni, l'estensione dei problemi e la gravità delle responsabilità.

Una riflessione di approfondimento da parte dei produttori è quanto mai utile per salvaguardare questa categoria professionale, composta nella stragrande maggioranza dei casi da persone perbene abituate a gestire una cava ed un impianto di lavorazione di aggregati naturali, che non si aggiornano con continuità ma si affidano a consulenti, confondendo l'esclusività di una prestazione di un proprio dipendente con la saltuarietà e discontinuità di un servizio erogato dall'esterno "a prestazione" e non con un vero e proprio incarico continuo in cui siano chiarite le responsabilità del professionista. Ciò li espone al rischio frequente di non essere al passo con gli aggiornamenti normativi e soprattutto legislativi.
Indirettamente ciò espone anche il mercato ad un rischio di discontinuità nel conferimento dei materiali da demolizione agli impianti. Dunque la professionalizzazione diretta del proprietario dell'azienda o di suoi diretti dipendenti va auspicata a tutela della disponibilità con continuità di impianti operativi per il conferimento di rifiuti da demolizione, e, quindi, in ultima analisi, per consentire che la filiera delle costruzioni possa essere significativamente e concretamente sostenibile.

Esiste quindi un bisogno di formazione qualificata per gli operatori del settore, bisogno che è stato correttamente intercettato dal legislatore negli adempimenti previsti quali obbligatori nel Decreto End of Waste anche per gli operatori di impianto, per rendere consapevoli gli operatori, e non solo i loro consulenti, delle criticità normative presenti nella attività giornaliera dell'impianto.  


Aspetti tecnici

In molti casi si rilevano negli impianti dei limiti strutturali e la mancanza di spazi adeguati per la lavorazione dei rifiuti inerti, considerato che le produzioni di aggregati riciclati devono avvenire per lotti omogenei.


Il metodo

Il concetto di "lotto "chiuso" presuppone che il cumulo di aggregati recuperati prodotto sia individuato e identificato  nelle aree di deposito e per lo stesso siano stati eseguiti tutti gli adempimenti relativi alla normativa in materia ambientale e tutti quelli relativi alla normativa sulla commercializzazione dei prodotti da costruzione. Ovviamente sul lotto chiuso non può essere aggiunto ulteriore materiale una volta che sono state eseguite le prove di laboratorio e redatte le specifiche etichette CE e le Dichiarazioni di Prestazione, altrimenti le stesse non sarebbero più rappresentative del materiale da avviare alla commercializzazione.
Tali limiti strutturali, in molti casi non opportunamente valutati in fase progettuale e autorizzativa, rendono molto difficoltoso, e in alcuni casi addirittura impossibile, operare nel rispetto delle normative ambientali sulle attività di recupero di rifiuti da costruzione e demolizione. In tanti casi, anche se viene seguita una certa logica dal punto di vista della gestione amministrativa, nella realtà poi una corretta gestione risulta essere poco praticabile.


Altri aspetti

Altre criticità frequentemente riscontrate possono riguardare la non corretta applicazione delle varie procedure di cessazione della qualifica di rifiuto e l'impiego finale degli aggregati recuperati, la scarsa consapevolezza e conoscenza degli adempimenti autorizzativi e delle leggi ambientali applicabili, in considerazione anche dei continui aggiornamenti.


La produzione per lotti non è una novità

Molti addetti ai lavori sono convinti che la produzione degli aggregati recuperati da eseguire per lotti omogenei sia una novità del nuovo decreto "End of waste" (Decreto 27 settembre 2022). In realtà già nella circolare del Ministero dell'Ambiente n. 5205 del 2005 e successivamente nel D.M. 69/2018 veniva specificato che i materiali prodotti dalle attività di recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione devono essere caratterizzati per lotti di dimensione massima pari a 3.000 metri cubi.

Gli impianti di recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione in Italia sono per lo più autorizzati in procedura semplificata e devono seguire per le modalità di cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste) il D.M. 5 febbraio 1998. In realtà anche molti impianti autorizzati in procedura ordinaria poi di fatto sono obbligati ad operare con le stesse modalità previste dalle procedure semplificate, poichè tale adempimento viene chiaramente specificato nel provvedimento autorizzativo.

I rifiuti da costruzione e demolizione maggiormente conferiti presso gli impianti di recupero sono le macerie non selezionate (CER 170904 "rifiuti misti dell'attività di costruzione e demolizione, diversi da quelli di cui alle voci 17 09 01*, 17 09 02* e 17 09 03*"). Nel D.M. 5 febbraio 1998 tali rifiuti vengono raggruppati nella tipologia 7.1 ovvero: rifiuti costituiti da laterizi, intonaci e conglomerati di cemento armato e non, comprese le traverse e traversoni ferroviari e i pali in calcestruzzo armato provenienti da linee ferroviarie, telematiche ed elettriche e frammenti di rivestimenti stradali, purché privi di amianto [101311] [170101] [170102] [170103] [170802] [170107] [170904] [200301] e per gli stessi viene individuata un'unica modalità di cessazione della loro qualifica di rifiuto.

Si specifica anche che per i rifiuti con codici a specchio, così come il CER 170904, deve essere verificata l'assenza di qualsiasi sostanza pericolosa mediante specifiche analisi di laboratorio prima dell'accettazione presso l'impianto di recupero.
Tutti i prodotti ottenuti dal recupero di tale tipologia di rifiuti devono essere conformi all'allegato C della Circolare del Ministero dell'Ambiente n. 5205 del 2005, che prevede la caratterizzazione per lotti di dimensione massima di 3.000 metri cubi da sottoporre anche a test di cessione e a marcatura CE secondo la norma UNI EN 13242 con sistema di valutazione della conformità 2+, cioè sottoposto a ispezione da parte di un ente di certificazione notificato presso la Commissione Europea, come ABICert.


Il recupero del fresato d'asfalto (granulato di conglomerato bituminoso)

Un altra tipologia di rifiuti che si trova di frequente presso gli impianti di recupero di inerti è il fresato di asfalto (CER 170302 "miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 17 03 01*").

Nel D.M. 5 febbraio 1998 il fresato di asfalto rientrava nella tipologia 7.6 ovvero: conglomerato bituminoso, frammenti di piattelli per il tiro al volo [170302] [200301].
Anche per il prodotto recuperato dal fresato di asfalto, pur se non in maniera esplicita, era prevista una lavorazione per lotti, dal momento che era necessario verificare la conformità del test di cessione ai valori limiti di cui all'allegato 3.

Con il D.M. 69/2018 è stato poi chiaramente indicato che per la cessazione della qualifica di rifiuto del fresato di asfalto è necessario effettuare le lavorazioni per lotti di dimensione massima pari a 3.000 metri cubi. Per tali lotti vanno condotte sia alcune analisi sul prodotto tal quale per la determinazione delle concentrazioni di idrocarburi policiclici aromatici (Sommatoria IPA) e di amianto, sia i test di cessione. Inoltre va predisposta per ciascun lotto prodotto una dichiarazione di conformità da inviare all'Autorità Competente e all'Agenzia di Protezione Ambientale territorialmente competente. Altri adempimenti sono la conservazione di un campione di granulato di conglomerato bituminoso prelevato al termine del processo produttivo di ciascun lotto. Quest'ultimo adempimento viene risparmiato alle aziende che hanno una registrazione EMAS o una più semplice certificazione del sistema di gestione ambientale ISO 14001.


Altri rifiuti

Altri rifiuti che tipicamente vengono conferiti presso gli impianti di recupero rifiuti inerti sono:

  • Le terre e rocce da scavo (CER 170504 "terra e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 17 05 03*");
  • Gli scarti della lavorazione della pietra ornamentale (CER 010408 "scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07*" e CER 010413 "rifiuti prodotti dal taglio e dalla segagione della pietra, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07*").

Sta prendendo piede inoltre in diversi impianti il recupero del calcestruzzo di ritorno delle autobetoniere negli impianti di betonaggio che non solo risolve una problematica tipica del settore della produzione di calcestruzzo preconfezionato, ma, una volta portato a maturazione e macinato, diventa un ottimo aggregato recuperato per produrre nuovo calcestruzzo, che soddisfa i requisiti richiesti dalla tabella 11.2 del D.M. 17.01.2018.


Gli aspetti normativi e i regimi autorizzativi per il riciclaggio dei rifiuti da demolizione e costruzione

Le attività di recupero dei rifiuti non pericolosi da costruzione e demolizione sono regolamentate oggi, in via generale, dal Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il cosiddetto Testo Unico Ambientale.


Il bisogno di cultura normativa e legislativa: come colmarlo?

è possibile approfondire questi aspetti rivolgendosi ad ABICert che ha predisposto appositi programmi formativi per accrescere la consapevolezza negli attori della filiera e prevenire contenziosi. Ciò anche al fine di guidare gli imprenditori a comprendere quali sono gli obblighi di certificazione previsti dai nuovi interventi legislativi.

 


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