10 anni di Italia del Riciclo

Rispetto alle filiere degli imballaggi, che vantano una storia ormai ventennale, ci sono filiere che si sono strutturate molto più di recente, come quella degli PFU divenuta effettivamente operativa nel tardo 2011 e per la quale eventuali analisi evolutive possono riguardare solo l'ultimo decennio. L'Italia del Riciclo ne traccia un puntuale quadro

Valutazione del contesto di mercato internazionale
Un'analisi dei flussi degli pneumatici usati e fuori uso in Europa riferita a statistiche ufficiali (ad esempio EUROSTAT) risulta difficile poiché in molti Paesi gli operatori delle relative filiere di raccolta e trattamento non hanno l'obbligo di rendicontare annualmente alle autorità le quantità degli pneumatici gestiti.
In questo contesto, la fonte più autorevole di statistiche aggregate è l'European Tyre and Rubber Manufacturers' Association (ETRMA), l'Associazione europea dei produttori degli pneumatici e manufatti in gomma che ha pubblicato un resoconto statistico dei flussi degli pneumatici usati e fuori uso complessivamente generati, raccolti e trattati in 32 Paesi (UE28 più Norvegia, Serbia, Svezia e Turchia).
Anche in questo caso, tuttavia, i risultati dell'analisi devono essere interpretati con cautela, in quanto le normative e le metodologie di calcolo in vigore nei diversi Paesi non risultano sempre allineate tra loro. Ad esempio, solo in alcuni Paesi la gestione comprende, oltre agli PFU, anche gli Pneumatici Usati (PU) da recuperare per il riutilizzo; o ancora, solo in alcuni Paesi, a differenza di altri, alcune specifiche categorie dimensionali di pneumatici non rientrano nei quantitativi gestiti. Inoltre, ci sono Paesi dove particolari impieghi degli PFU recuperati vengono classificati come riciclo, mentre in altri le medesime attività di impiego sono classificate come smaltimenti.
L'analisi mostra che gli pneumatici fuori uso, nel 2016, ammontavano a 3,9 Mt, in crescita del 2% (66.000 t) rispetto al 2015 (Figura 1).
Degli PFU e PU generati, 3 Mt sono state avviate a recupero (di materia ed energetico); 1.644 kt sono state destinate a riuso/ricostruzione/esportazione, quasi triplicando i livelli raggiunti nel 2015, e 231 kt smaltite in discarica (Figura 2). Del totale degli PFU e PU gestiti nel 2016, il 5% è stato destinato a smaltimento in discarica, il 22% a recupero energetico e il 39% a recupero di materia. Per quel che concerne la gestione degli pneumatici usati idonei al riuso/ricostruzione e l'export la quota ammonta al 34% degli PFU e PU generati, grazie al notevole incremento degli PFU avviati a ricostruzione.

Andamento del settore a livello nazionale
Alla data di redazione del presente Rapporto, sono stati pubblicati dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) i dati 2018 relativi all'immesso sul mercato del ricambio e alla gestione degli PFU ma non quelli del 2017; si riporta pertanto la serie storica con i soli dati disponibili.

L'immesso al consumo degli pneumatici
Gli pneumatici immessi sul mercato del ricambio nel 2018 sono pari a 383.721 t, il 4% in meno rispetto al 2016. Questo dato è stato elaborato dalla "Direzione generale per i rifiuti e l'inquinamento" del MATTM, sulla base delle Comunicazioni inviate dai produttori e dagli importatori degli pneumatici (Tabella 1).

La gestione degli PFU
L'anno 2011 segna una svolta nel settore della gestione degli PFU, grazie alla pubblicazione del DM 11 aprile 2011, n. 82 che regolamenta in Italia l'applicazione del principio europeo di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) per la gestione degli PFU, dando luogo ad una concreta crescita ed evoluzione del comparto. Lo stesso decreto fissa l'obiettivo annuale di raccolta e gestione in capo ai produttori e importatori, pari al 90% dell'immesso al consumo nell'anno precedente (al netto dell'export).
Sulla base delle Comunicazioni inviate dai produttori e importatori di pneumatici, ai sensi del suddetto decreto, il Ministero dell'Ambiente elabora i dati relativi alle quantità di pneumatici immessi sul mercato del ricambio ogni anno e i dati relativi alle quantità di PFU gestite nello stesso anno. Nel 2018, secondo tali elaborazioni, i quantitativi di PFU raccolti e gestiti in Italia si attestano a 350.538 t, registrando un decremento di un punto percentuale rispetto al 2016 (Tabella 2).
Nel 2018, la gestione consortile ha trattato l'88% (308.473 t) degli PFU raccolti in Italia, un punto percentuale in meno rispetto al 2016. Il restante 12% (42.064 t) degli PFU è imputabile alla gestione indipendente che ha registrato un decremento di un punto percentuale (Figura 3).

Il riciclo e il recupero energetico degli PFU
Le informazioni riportate nel presente paragrafo sono un'elaborazione dei dati dichiarati dai tre principali Consorzi di gestione degli Pneumatici Fuori Uso, che rappresentano circa il 90% degli PFU complessivamente gestiti ogni anno in Italia: ECOPNEUS, ECOTYRE e GREENTIRE.
Nel 2018 gli PFU avviati a recupero dai tre Consorzi sono stati pari a 305.440 t, con un incremento del 2% rispetto all'anno precedente. Dal trattamento di questi PFU, il 58% dei materiali separati è stato avviato a recupero di materia e il 42% a recupero di energia come combustibili, prevalentemente in impianti di produzione del cemento. In termini assoluti, le quantità avviate a recupero energetico subiscono un decremento rispetto all'anno precedente del 26%, mentre la quota avviata a recupero di materia subisce un incremento del 42% rispetto al 2017 (Figura 4 e Tabella 3). Nel 2018 sono state recuperate dagli PFU 176.058 t di materie prime, di cui 137.558 t di gomma (78%), 34.002 t di acciaio (19%) e 4.499 t di tessile (3%). Si segnala il forte incremento del recupero della frazione tessile dell'ultimo biennio rispetto agli anni precedenti (Tabella 4).
I principali mercati di sbocco del polimero di gomma riciclato dagli PFU sono le infrastrutture sportive, i manufatti e le pavimentazioni stradali.
Si noti, tuttavia, che questa modalità di contabilizzazione del recupero degli PFU riferita alla destinazione finale dei materiali derivati dal trattamento, comunemente denominata "recupero al cancello", non tiene in considerazione il fatto che l'utilizzo degli PFU (interi, ciabattati o cippati) come combustibili consente in realtà di recuperare altra materia, in quanto le ceneri della combustione e l'acciaio contenuto negli PFU sono riciclati nel cemento in sostituzione di altri materiali. Adottando questa metodologia e contabilizzando così i materiali realmente riciclati alla fine dell'intero processo, si otterrebbero, pertanto, valori più alti di quelli qui riportati.

I 10 anni del riciclo di PFU
La filiera degli PFU, negli anni per cui sono disponibili dati confrontabili (2013-2018), ha subito una riduzione dei quantitativi gestiti in Italia che passano da 317 kt a 305 kt (-4%). Nello stesso periodo invece il riciclo cresce del 29% passando da 136 kt a 176 kt. Il recupero energetico, al contrario, si riduce passando da 181 kt a 129 kt e, in percentuale, dal 57% al 42% rispetto al gestito (Figura 5).

Modifica della filiera
La filiera del riciclo degli PFU è un sistema produttivo articolato, fatto di piccole-medie imprese manifatturiere distribuite su tutto il territorio nazionale. La crescita dei flussi di materiale da trattare e la maggiore stabilità dei pagamenti da parte delle società di gestione degli PFU operanti ai sensi del DM 82/2011 hanno consentito alle aziende di poter pianificare numerosi e diffusi investimenti a medio-lungo termine e implementare processi per migliorare la qualità delle lavorazioni, offrendo materiali in uscita sempre più rispondenti alle richieste del mercato. Anche per questo, nelle imprese della filiera si è registrata una forte crescita occupazionale negli ultimi dieci anni.
Fondamentali per il futuro della filiera degli PFU saranno l'adeguamento impiantistico e le competenze commerciali. Senza addetti specializzati nell'area commerciale sarà difficile consolidare e accrescere ulteriormente la quota di fatturato derivante dalla vendita diretta dei prodotti da PFU. Le aziende sono nel complesso ancora restie ad avvalersi di questo tipo di competenze (come dimostra anche il fatto che le assunzioni si sono rivolte pressoché in modo esclusivo ad addetti alla trasformazione). L'assunzione di personale specializzato nel marketing e nella commercializzazione è ancora un nodo culturale e strutturale da risolvere per la futura crescita non solo occupazionale dell'intero settore.
Nel frattempo, l'adozione di procedure uniformi di gestione dei processi produttivi dei prodotti finiti (siano essi destinati al mercato del riciclo o al recupero energetico come combustibili), insieme a una maggiore conoscenza del mercato e delle sue potenzialità, hanno già indotto un miglioramento significativo della qualità dell'intero sistema.

Riflessioni sull'evoluzione della filiera degli PFU: sviluppi, problematiche e potenzialità del settore
Rispetto alle filiere degli imballaggi, che vantano una storia ormai ventennale, ci sono filiere che si sono strutturate molto più di recente, come quella degli PFU divenuta effettivamente operativa nel tardo 2011 e per la quale eventuali analisi evolutive possono riguardare solo l'ultimo decennio. Tra i principali cambiamenti che, dall'inizio della sua esistenza, hanno riguardato la filiera di gestione degli PFU vi è senza dubbio l'introduzione di uno schema di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR). La disciplina dell'EPR, enunciata dall'art. 228 del D.Lgs. 152/2006 e resa esecutiva con il DM 82/2011, ha rivisto le modalità di gestione degli PFU, attribuendo ai produttori e agli importatori di pneumatici l'obbligo di tracciare e avviare a recupero i rifiuti post-consumo equivalenti alle quantità immesse sul mercato nazionale. A distanza di sei anni dall'attuazione del DM 82/2011 è possibile affermare che il modello proposto sia stato vincente in Italia.
L'adozione del modello EPR è servita a contrastare, almeno in parte, il fenomeno degli abbandoni e sversamenti sul territorio, molto diffuso prima del settembre 2011 anche se rimane ancora irrisolto il problema della gestione degli PFU provenienti da pneumatici venduti in nero e senza contributo. Il "nuovo" sistema di gestione, con il ritiro gratuito per il gommista, per le quantità regolarmente vendute, ha consentito in gran parte di risolvere il fenomeno degli abbandoni grazie ad una raccolta puntale ed efficiente su tutto il territorio.
Da non dimenticare che gran parte degli stock storici sono stati avviati a recupero grazie alla lungimiranza del legislatore che ha previsto l'impiego degli avanzi di gestione delle società consortili per sostenere i costi di riduzione e recupero degli stock storici di PFU. Occorre, tuttavia, evidenziare che una percentuale significativa di pneumatici immessi in Italia non è dichiarata dagli importatori: le vendite on line B2B sono uno dei probabili canali di immissione illegale di pneumatici. A questo si aggiungono le vendite "in nero" di pneumatici di importazione: tale vendita genera la necessità di non conferire gli PFU ai soggetti autorizzati per evitare un confronto dei bilanci (vendite vs rifiuti) che denuncerebbe rapidamente l'illecito.
A causa di queste forme di illegalità le società di gestione degli PFU si trovano a raggiungere i propri target di raccolta prima della fine dei dodici mesi e a dover sostenere degli extra-costi per non creare disagi al settore del ricambio. Ciononostante, data la quantità significativa di pneumatici non dichiarati (si stima fino al 20% delle quantità destinate ai consumatori finali) i costi dell'extra-raccolta sono insostenibili per il sistema che si fonda sul calcolo del Contributo Ambientale per le quantità di pneumatici regolarmente dichiarate dai propri soci. Seppure lodevole dal punto di vista ambientale, la gestione delle extra-quantità da parte delle società operanti correttamente rappresenta una ricaduta dei costi dell'illegalità sui consumatori che acquistano regolarmente con scontrino. Per tali motivi è auspicabile una lotta efficace alle vendite in nero e all'importazione non dichiarata di pneumatici. I principali soggetti operanti nel settore hanno già avviato una serie di azioni di sensibilizzazione e denuncia dell'illegalità, ma un'azione forte delle istituzioni è comunque necessaria.
Un ulteriore elemento di criticità in proposito potrebbe essere costituito dai mancati controlli sulle dichiarazioni dei produttori e degli importatori con riferimento alla metodica di conversione del numero di pneumatici immessi sul mercato in tonnellate di PFU da raccogliere. Questo può portare ad una errata contabilizzazione dei quantitativi necessari al raggiungimento dell'obiettivo previsto dal DM 82/2011 ed eventualmente determinare un eccesso di PFU sul mercato da smaltire rispetto all'obiettivo stesso, con il conseguente arresto nei mesi finali dell'anno delle attività dei Consorzi.
Il MATTM in collaborazione con le associazioni ed i consorzi di filiera sta lavorando alla messa a punto di un nuovo decreto ministeriale in sostituzione del DM 82/2011, che dovrebbe applicare i correttivi necessari per ovviare ai problemi verificati nei sei anni di attività. Tale decreto dovrebbe allineare gli obiettivi della filiera a quelli della Circular Economy.
Un'ulteriore criticità è la migrazione degli PFU dalla "filiera demolizione" alla "filiera ricambio". Le due filiere sono necessariamente separate nel DM 82/2011 in quanto i target di riciclo e recupero afferiscono a diversi soggetti (i produttori di veicoli nel primo caso, i produttori di pneumatici nel secondo). Numerosi pneumatici usati sono staccati dai veicoli avviati a demolizione e immessi nel mercato del ricambio. In tal modo, gli pneumatici inizialmente coperti dal contributo pagato all'immatricolazione sono immessi nel mercato del ricambio senza che sia previsto però un finanziamento dei costi di gestione alla filiera destinataria.
Altro elemento di criticità non ancora superato è il forte sbilanciamento tra la domanda e l'offerta dei materiali riciclati da PFU, ossia dei granuli e polverini di gomma. In tal senso, la congiuntura economica degli ultimi nove anni non ha contribuito positivamente alla crescita della domanda di manufatti come l'arredo urbano e i pannelli fonoassorbenti, superfici sportive e asfalti realizzati con gomma riciclata da PFU, su cui le aziende italiane hanno investito.
A livello nazionale però è ancora difficile vendere sia le materie prime che i manufatti. Per creare mercato è indispensabile disporre del decreto EoW, che al momento non è stato ancora approvato, nonché creare un vantaggio competitivo tramite norme sugli "acquisti verdi", mentre per aumentare i quantitativi impiegati in utilizzi innovativi o di sostituzione di materie prime vergini sarebbe necessario che tutte le imprese, e non solo alcuni singoli casi per quanto importanti, che riciclano la gomma degli PFU impostassero un lavoro di sperimentazione e certificazione dei loro prodotti. Per perseguire questo obiettivo sarebbe necessario investire una parte del Contributo Ambientale, versato dai cittadini per ogni pneumatico nuovo acquistato, in attività di certificazione e accompagnamento all'utilizzo nelle nuove possibili applicazioni. Se si crea e sviluppa il mercato, la competizione tra produttori di Materia Prima Seconda porterà naturalmente al raggiungimento di ulteriori miglioramenti in termini di efficienza della filiera e conseguente riduzione dei costi. Gli acquisti verdi sono solo una delle leve in mano alla pubblica amministrazione. La resistenza dei gestori delle strade ad adottare gli asfalti gommati nei propri capitolati di gara è certamente una delle più importanti occasioni mancate del Paese che continua a preferire la ripetizione di quanto già fatto in passato, seppur con risultati deludenti sotto gli occhi di tutti, piuttosto che provare nuovi percorsi di sostenibilità.
In ogni caso, l'aria nuova portata dalla tendenza mostrata dall'Unione europea di voler perseguire con forza i principi della Circular Economy ha dato al mercato delle materie recuperate e dei prodotti realizzati con esse un nuovo slancio. Si vedono fiorire iniziative interessanti, non più promosse solo da piccoli imprenditori con, quindi, scarse probabilità di successo, ma supportate da investitori importanti. La pubblica amministrazione inizia a pensare di utilizzare i prodotti derivati dal recupero con maggiore intensità, anche se il fenomeno è distribuito a macchia di leopardo sul territorio nazionale. Il principio della Circular Economy sta facendo muovere anche gli industriali che cominciano a pensare di dover cogliere profitto da questa tendenza imposta dai vertici europei. In questa situazione tendenzialmente positiva, gli impianti di recupero dovranno dimostrarsi capaci di soddisfare le richieste di un mercato più maturo ed esigente investendo nel miglioramento dei propri insediamenti e nel livello di fornitura.
Molte delle forme di impiego della gomma riciclata sono destinate ad acquisti "pubblici": si pensi alle pavimentazioni anti-trauma, ai campi sportivi e alle pavimentazioni stradali. Da un lato però i tagli alla spesa hanno contratto fortemente gli acquisti pubblici, dall'altro i dubbi e le incertezze sulla sicurezza e "legalità" della gomma riciclata hanno impedito la diffusione di materiali "gommati" tra le voci di spesa delle stazioni appaltanti.
Più volte i media internazionali hanno sollevato dubbi e polemiche sulla salubrità della gomma da PFU utilizzata nei campi in erba artificiale. Gli studi scientifici hanno evidenziato l'assenza di pericoli per la salute umana ma la spinta emozionale, aiutata da interessi economici contrastanti, ha spesso acceso la miccia di "scoop" negativi che hanno avuto l'unico effetto di gettare discredito su un materiale di grande valore. Recentemente è stato poi presentato un importante studio, svolto in Italia con il supporto di ECOPNEUS coinvolgendo primari centri di ricerca nazionali e internazionali, che attesta la non tossicità dei granuli derivati da PFU.
A marzo 2017 l'ECHA ha pubblicato un report sul tema, definendo "sicura" la gomma usata come intaso nei campi da calcio, un documento importante che ha trovato anche ulteriore conferma nel Dossier XV predisposto dal RIVM (Istituto Olandese per la Salute e l'Ambiente) che è stato trasmesso ad ECHA a luglio 2018. Si segnala, infine, che a seguito del lavoro svolto da ETRMA attraverso la European Innovation Partnership, la gomma naturale è stata inserita ufficialmente il 13 settembre 2017 nella lista delle Materie Prime Critiche per l'Europa. L'inclusione è avvenuta a seguito di un processo di revisione delle metodologie di calcolo che hanno portato sopra i livelli di soglia il fattore legato al rischio di approvvigionamento del materiale. Il calcolo è stato fatto tenendo in considerazione la sola quota di gomma naturale destinata alla produzione di pneumatici (c.a. il 75% del totale) e considerando sostanzialmente nullo il tasso di recupero della materia prima dal PFU ai fini della produzione di pneumatici nuovi.
La sentenza n. 1229 del 28 febbraio 2018 emessa dalla quarta sezione del Consiglio di Stato ha provocato una tempesta perfetta in materia di End of Waste (EoW), affermando che, in assenza di regolamenti europei e decreti ministeriali, i criteri dell'EoW non potevano essere stabiliti per ciascun singolo caso dalle Regioni, nel rispetto dei principi posti dall'art. 184-ter, comma 1, del D.Lgs. 152/2006, in sede di rilascio delle autorizzazioni ordinarie degli impianti di recupero dei rifiuti o di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Questo ha comportato, per il settore del riciclo degli PFU, un problema enorme. Infatti, data la lentezza nell'approvazione del decreto EoW per gli PFU, nessun impianto in questi mesi ha potuto chiedere un'autorizzazione secondo l'art. 208 del D.Lgs. 152/2006 per produrre un materiale come il granulato o il polverino di gomma non classificandolo come un rifiuto.
Questa situazione di crisi è stata risolta con l'approvazione della Legge 182/2019 che consente alle autorità locali di autorizzare caso per caso in procedura ordinaria in mancanza di Regolamenti UE o di decreti nazionali EoW.


Le presenti informazioni sono state tratte da "2019 - L'Italia del Riciclo" realizzato dalla "Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile" e da "Fise Unicircular" con il patrocinio del "Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare", del "Ministero dello Sviluppo Economico" e dell'"Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA".