Molto è stato scritto sul valore ambientale del biometano, in particolare per l'autotrazione, dove le sue emissioni complessive hanno valori equivalenti a quelle di auto alimentate con elettricità prodotta dall'energia eolica.
Il vantaggio ecologico di alimentare automobili con gas prodotto da scarti e rifiuti è di per sé evidente, tanto più considerando che la combustione a metano è di gran lunga la più pulita rispetto a quella di ogni altro biocarburante esistente.
Il potenziale produttivo complessivo per il biometano è stato stimato, a seconda delle matrici considerate ammissibili, dai 5 ai 10 miliardi di metri cubi/anno. Tanto per avere una grandezza di riferimento, il mercato italiano di autoveicoli a metano, di oltre 1 milione di mezzi, consuma oggi 1,1 miliardi di metri cubi.
Pertanto, il biometano potrebbe, nelle quantità sopra stimate, sostituire per intero il gas naturale dell'autotrazione e contribuire alla decarbonizzazione di attività industriali energivore.
Anche nel nuovo documento per la Strategia Energetica Nazionale, da poco uscito
in consultazione, i Ministeri dello Sviluppo Economico e dell'Ambiente, nell'assumere ambiziosi obiettivi di crescita:
- Rinnovabili elettriche al 48 - 50% al 2030 rispetto al 33,5% del 2015
- Rinnovabili termiche al 28 - 30% al 2030 rispetto al 19,2% del 2015
- Rinnovabili trasporti al 17% - 19% al 2030 rispetto al 6,4% del 2015,
assegnano un importante ruolo al biometano, unico tra i biocarburanti avanzati ad
essere immediatamente disponibile, e al suo uso in altri settori attraverso il mercato delle Garanzie di Origine.
Occorre tuttavia tenere presente che il costo di produzione del biometano, ai livelli attuali dei prezzi energetici, equivale a 2-3 volte il prezzo di mercato del gas naturale. Quindi se non si contabilizzano i benefici ambientali del biometano, sviluppare intensamente questa filiera costerebbe molto caro.
Come contabilizzare dunque i benefici ambientali del biometano?
Se si prendono in considerazione gli obiettivi al 2020 del Protocollo di Kyoto e della direttiva europea RED, si può vedere (v. grafico 1), che il nostro paese è tra quelli più avanti per quanto riguarda la produzione di elettricità da fonti rinnovabili.
Anche dal punto di vista dell'utilizzo di queste fonti per scopi termici, l'Italia ha fatto i suoi compiti.
L'unica area che vede l'Italia ancora indietro rispetto agli obiettivi è quella dei
biocarburanti. Da questo si comprende come la strategia di sviluppo italiana per il biometano porti al suo impiego nell'autotrazione.
Il biometano, già menzionato nel DLGS 28/2011 tra le energie rinnovabili, è stato oggetto di un primo schema di incentivazione con il DM del 5/12/2013. In questo decreto venivano introdotte tre diverse modalità di incentivazione:
1) Per l'immissione in rete senza destinazione predefinita, con un cosiddetto "feedin premium", ossia una maggiorazione rispetto al prezzo del gas naturale.
2) Attraverso i meccanismi di incentivazione dei biocarburanti, basati sull'assegnazione di Certificati di Immissione in Consumo (CIC).
3) Attraverso gli incentivi per la cogenerazione ad alto rendimento.
Nessuno dei tre schemi si è rivelato effettivamente incentivante e, dopo tre anni di vita, si è constatato che non era stato realizzato neanche un impianto.
Il primo degli schemi, basato su un supplemento al prezzo di mercato del gas, si è rivelato economicamente poco interessante, anche perché le quantità incentivate venivano contabilizzate al netto degli autoconsumi, compresi quelli derivanti dalle necessità di compressione per l'immissione in reti ad alta pressione o su carri bombolai. Ulteriori penalizzazioni colpivano inoltre gli impianti di biogas riconvertiti a biometano, arrivando a decurtazioni del 60% della tariffa.
Per il secondo meccanismo, legato al mercato dell'autotrazione, l'aspetto più critico era rappresentato dalla assoluta indeterminabilità del valore dei CIC, legati a un mercato non pubblico. Senza dimenticare le notevoli complicazioni burocratiche relative alla gestione dei certificati e alla loro collocabilità sul mercato da parte di singoli produttori di biometano.
In terzo meccanismo di incentivazione, basato sulla tariffa elettrica di impianti di cogenerazione alimentati a biometano, non è in pratica mai stato praticabile perché, contemporaneamente con l'uscita del decreto, gli incentivi per la cogenerazione si sono esauriti.
La nuova bozza di decreto, pubblicata in consultazione pubblica nel dicembre 2016, punta dunque tutto sull'autotrazione e cerca di porre rimedio a quegli aspetti del primo decreto che non hanno funzionato. L'incentivazione guarda prioritariamente al biometano avanzato (ossia prodotti di rifiuto e sottoprodotti) per autotrazione, superando il vecchio meccanismo di attribuzione dei CIC.
1. I CIC vengono riconosciuti ora al solo produttore di biometano, a condizione
che sia in grado di documentare che le quantità prodotte siano state vendute
nel mercato dell'autotrazione.
2. Il produttore di biometano avanzato potrà optare, di anno in anno, di vendere al GSE la propria produzione, che sarà valorizzata al prezzo medio del mese al
PSV (Punto di Scambio Virtuale), detratto del 5%. Pur essendo questo un prezzo conoscibile ex-post, rappresenta pur sempre una base di riferimento chiara. Il GSE collocherà le quantità di biometano così acquistate, tramite aste pubbliche ai Soggetti Obbligati, ossia alle società del settore carburanti, sulle quali graveranno anche i costi di trasporto, dal luogo di immissione in rete al PSV.
3. Oltre al prezzo della "molecola", il GSE riconoscerà, per il biometano avanzato, i corrispondenti CIC (1 CIC ogni 5 GCal di energia immessa), valutandoli a 375 e cad.
4. Il produttore di biometano avrà anche la facoltà di vendere il gas a clienti privati del settore autotrazione e di cedere i CIC così maturati al GSE, sempre allo stesso valore di 375 e.
Pur con tutte le limitazioni, sulle quali non ci addentreremo qui, la nuova impostazione presenta, rispetto alla precedente, aspetti decisamente più attraenti, benché il sistema di incentivazione a tariffa fissa potrebbe, almeno teoricamente venire eroso da un'eventuale discesa dei prezzi del gas naturale.
In ottemperanza alla direttiva europea 1513/2015 (nota come Direttiva ILUC, che si preoccupa di disincentivare il cambiamento di uso del suolo agricolo dalle
coltivazioni alimentari a quelle energetiche), il nuovo decreto, come già osservato, punta decisamente al biometano ottenuto da scarti e sottoprodotti.
Anche la riconversione a biometano di impianti esistenti presenta aspetti migliorativi rispetto alla versione precedente del decreto.
Scompaiono le penalizzazioni sulle tariffe e si mira soprattutto alla riconversione parziale di impianti di biogas. In cambio della riduzione della produzione elettrica incentivata al 70%, l'impianto esistente potrà essere riconvertito a biometano e godere delle nuove premialità, aumentando la capacità produttiva senza alcun limite. Un ulteriore elemento favorevole per la riconversione di impianti esistenti, che nella maggior parte dei casi sono alimentati con coltivazioni energetiche, è il fatto che il biometano aggiuntivo può essere considerato al 100% come avanzato e godere quindi delle relative premialità, se si può dimostrare di averlo ottenuto da sottoprodotti e scarti.
Con le nuove normative vengono incentivati quegli impianti esistenti che possono ottenere biomasse di scarto e sotto prodotti a prezzi medio bassi ed essere ben integrati nel contesto dell'azienda agricola. Una condizione imprescindibile per la sostenibilità economica è che gli impianti utilizzino sottoprodotti, e quindi possano beneficiare della tariffa maggiorata. In altre parole, biometano "non avanzato" ossia prodotto da mais o altre culture alimentari non è economicamente sostenibile.
Il biometano sarà certamente una grande opportunità per il settore dei rifiuti e del
trattamento delle acque. Benché gli investimenti impiantistici siano considerevoli, l'aggiuntività dei ricavi derivanti dalla vendita di biometano potrà dare un importante contributo di liquidità per le società di trattamento rifiuti che inseriscano la sezione di digestione anaerobica a monte del compostaggio.
Un aspetto importante per la fattibilità dei progetti di biometano è quello della
ubicazione del sito produttivo. Infatti, anche quando si ipotizzi di vendere direttamente il biometano per autotrazione, il collegamento alla rete gas sarà indispensabile per assorbire fluttuazioni della domanda. E, per lo stesso motivo, la vicinanza del sito produttivo ad una rete di trasporto, con elevate portate e non
soggetta alle limitazioni di assorbimento delle reti di distribuzione locali, costituirà un elemento determinante.
Quale potrà essere dunque lo scenario di sviluppo del biometano? Con ogni probabilità, il potenziale teorico produttivo potrà essere conseguito solo in piccola
parte, in assenza di drastici cambiamenti negli scenari energetici, ma sicuramente il biometano da rifiuti e dalla depurazione delle acque, il cui potenziale totale è stimabile attorno a 1 miliardo di metri cubi, avrà più probabilità di essere realizzato.
Per il biometano agricolo, esistono interessanti opportunità rappresentate dalle
filiere dei sottoprodotti del Centro-Sud Italia, che sono state sfruttate in misura
molto inferiore rispetto a quelle della Pianura Padana, dove i principali utilizzatori di sottoprodotti sono gli impianti di biogas a tariffa elettrica già esistenti.
Molto dipenderà, come già osservato, dalle dinamiche del prezzo del gas naturale, il principale concorrente, e dalle politiche adottate nei confronti delle energie rinnovabili.
Indubbiamente, il decreto di prossima introduzione rappresenta uno sforzo importante da parte dello stato per sviluppare questa filiera e difficilmente si potrebbe pensare a impegni maggiori, senza provocare insostenibili distorsioni del mercato.
Un confronto dei livelli di ricavo tra i più significativi paesi europei (Fig. 2, basato sui livelli di fine 2016), mostra come l'Italia sia uno di quelli maggiormente impegnati a sostenere questa filiera.
Nel confronto è riportata anche la Svezia, dove, paradossalmente, non esiste alcun incentivo diretto per il biometano, ma dove gli stimoli sono basati, anziché sul sostegno della tariffa di vendita, sulla spinta della domanda. Ossia i vantaggi del biometano per l'autotrazione dal punto di vista fiscale, al prezzo di vendita al pubblico, ai vantaggi per possessori di auto etc. permettono di superare il gap competitivo con i combustibili fossili.