Anche se l'Unione Europea spinge per andare nella direzione del "rifiuto zero", le discariche sono ancora una realtà. Quattro le tipologie principali che convivono con una differenziazione sempre più alta
Si potrebbe iniziare tutto il discorso come nelle favole: "c'erano una volta i rifiuti", ma nessuno pensava che essi sarebbero diventati un grosso problema a livello domestico, industriale e a tanto altro ancora. Molti anni fa, passava per le vie delle città, ma non dappertutto, un barroccio trainato da un cavallo, che portava un cassone nel quale le famiglie versavano i loro rifiuti a seguito del richiamo effettuato dal carrozzaio con un corno in ottone; fu un primo tentativo di effettuare la raccolta porta a porta.
Naturalmente, i tempi sono cambiati, anche e soprattutto a seguito dei grandi consumi avviati nel periodo del dopoguerra, in cui l'economia era florida e si era instaurato il modus operandi definito "usa e getta", che, del resto, continua tuttora. Così si è iniziato a progettare la raccolta dei rifiuti in posti scelti dalle autorità locali (comunali o provinciali), attivando le cosiddette discariche; queste sono luoghi nei quali è consentito depositare, senza procedere a nessuna selezione, i rifiuti solidi urbani (RSU) e tutti gli altri rifiuti derivanti dalle umane attività. Queste, purtroppo, divennero il ricettacolo di tutto quanto l'uomo eliminava, sia perché era un rifiuto nel vero senso della parola, sia perché era un qualcosa andato fuori moda, sia per una qualsiasi altra ragione che lo metteva fuori gioco. Da qui sorse la necessità di mettere i puntini sulle "i", attuando una classificazione dei tipi di rifiuti, che, data la vasta gamma con cui si presentavano, è stata complicata e lo è ancora, grazie alle continue innovazioni tecnologiche, e, di conseguenza, anche dei tipi di discariche costruite per riceverli.
Si può inserire nel discorso, per inciso, che l'unione Europea è decisamente contraria alle discariche e la sua tendenza è quella di abolirle definitivamente. Si parla di "rifiuto zero" o di "zero waste", per l'esterofilo, intendendo una strategia di gestione dei rifiuti atta a rivedere la possibilità di utilizzarli quali materie prime secondarie, invece di conferirli a discarica o passarli all'incenerimento. L'UE ci sta provando in tutti i modi, ma, com'è ben comprensibile, si tratta di un'utopia bella e buona. Però, non si deve dire mai !
In ogni modo, i tipi di discarica autorizzati sono tre:
a) discariche per rifiuti inerti;
b) discariche per rifiuti non pericolosi;
c) discariche per rifiuti pericolosi.
La discarica per rifiuti inerti è quella nella quale essi possono essere smaltiti senza preventiva caratterizzazione e conseguente autorizzazione. Si tratta di scarti di ceramica, mattoni e mattonelle, legno, materiali da costruzione e demolizione, cemento, tutti provenienti da attività industriali e commerciali, macchinari e apparecchiature varie (purché rigorosamente esenti dalla presenza di gomma, plastica, metalli), vetri, scarti in fibra a base di vetro (però senza leganti organici), imballaggi in vetro, terra e rocce non contaminate (ma non i primi trenta centimetri di suolo, né torba), rifiuti di giardini e parchi. Questo tipo di discarica, tuttavia, sta sempre più perdendo la sua ragione di essere. Infatti, la cosiddetta "differenziazione", che negli ultimi anni ha fatto sentire fortemente la sua influenza nella soluzione del problema dei rifiuti, ha fatto capire che non è per nulla conveniente gettare in modo definitivo ciò che, in una qualche maniera, può essere riciclato o recuperato con conseguente ritorno economico. In effetti, si è dimostrato un'assurdità l'accantonamento per sempre di sostanze preziose, che rappresentano una ricchezza per le attività umane.
La raccolta differenziata consiste in un sistema che prevede di separare i rifiuti in base alla loro natura da parte dei cittadini, al fine di indirizzarli verso quei trattamenti che li possono preparare per un corretto smaltimento o, meglio, per un loro recupero. Si potrebbe sintetizzare il discorso dicendo che la raccolta indifferenziata riguarda quella parte dei rifiuti che in nessuna maniera può entrare nel compostaggio, nel riciclaggio, nel riuso. Insomma, la differenziazione non è altro un sistema per rendere la in-differenziazione più ridotta possibile.
Così, si attua la gestione dei rifiuti, che consiste in un insieme di politiche, procedure, metodologie aventi lo scopo di seguirne l'intero processo, passando dalla produzione alla conclusione della loro vita, attraverso la raccolta, il trasporto, i trattamenti, sino al riutilizzo quale materia prima secondaria degli scarti, in linea di massima prodotti dall'uomo, puntando, fra l'altro, alla riduzione drastica dei loro effetti sulla salute. Più importanti, pertanto, restano gli altri due tipi di discarica, cioè quella per rifiuti non pericolosi e quella per rifiuti pericolosi.
Quelli non pericolosi sono i rifiuti solidi urbani (RSU), costituiti da rifiuti domestici, anche ingombranti, spazzatura delle strade, scarti derivanti da strade, aree verdi, spiagge, corsi d'acqua, attività cimiteriali, ecc. Inoltre, appartengono a questa categoria anche gli RSU con frazione organica (FORSU) e i cosiddetti "rifiuti speciali", purché sottoposti a trattamenti specifici, quali ad esempio i rifiuti sanitari e quelli derivanti da attività di recupero e da processi di smaltimento rifiuti.
I rifiuti pericolosi praticamente sono quelli che sarebbero non pericolosi, se la dose di sostanze pericolose o inquinanti che contengono non fosse oltre la soglia prevista dalla legge. Qualora non sia possibile ridurne la pericolosità, devono finire nella discarica loro riservata. Un caso del genere è quello che riguarda i materiali contenenti amianto, che devono essere depositati, dopo adeguata preparazione, in celle apposite e dedicate in modo esclusivo, sì da evitarne la frantumazione, con le modalità contenute negli allegati alla legge.
Se il gestore dei rifiuti pericolosi, o potenzialmente pericolosi, preferisce conferirli a una discarica per rifiuti inerti, magari perché una di quel tipo è nelle vicinanze e si può risparmiare sul trasporto, deve provvedere a sue spese ai trattamenti atti a dar loro le caratteristiche richieste. Comunque, prima di essere accolti in discarica, tutti i materiali devono essere attentamente controllati e, se del caso, analizzati, per dimostrare la loro innocuità. In caso contrario, detti materiali devono entrare a far parte delle discariche per rifiuti pericolosi.
Parlando di costruzioni e demolizioni, per esempio, gli scarti che contengono sostanze organiche o inorganiche pericolose, quali, ad esempio, quelle provenienti da processi industriali, dall'inquinamento del suolo, dallo stoccaggio e dall'uso dei pesticidi o di altri prodotti di natura pericolosa, non sono accettati; così come i rottami derivanti da costruzioni in una qualche maniera trattate, verniciate o contaminate da sostanze pericolose in quantità notevole.
Un fatto da tener presente (ma è un problema che fa parte della gestione), è che nelle discariche si ha la formazione del percolato, originato dall'infiltrazione di acqua piovana nella massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi. Anche la compattazione degli RSU può causare la formazione del percolato, anche se in quantità inferiore.
Si tratta di un refluo che è caratterizzato da un tenore più o meno elevato di inquinanti organici e inorganici dovuti a processi biologici o chimico-fisici, che si sviluppano nella massa dei rifiuti. Per questa ragione, esso deve essere captato e adeguatamente trattato direttamente presso la discarica oppure in impianti debitamente attrezzati e autorizzati. Non si può concludere l'argomento dei rifiuti senza fare un cenno sulla "quarta" delle tre discariche di cui si è detto che, come D'Artagnan, quale quarto dei tre moschettieri, a un certo momento anche lei fa la sua comparsa. Si tratta della discarica per le scorie radioattive di cui tutti parlano, ma che ancora non c'è! In effetti, le scorie nucleari non hanno tuttora trovata una fissa dimora. Esse provengono da diverse attività.
Prima di tutto, ci sono le scorie provenienti dalla produzione di energia elettrica dalle quattro centrali nucleari italiane e dal loro successivo smantellamento voluto dal referendum popolare,del 1987, dopo il disastro della centrale di Chernobyl dell'anno precedente; poi, quelle della medicina nucleare, dovute ad applicazioni diagnostiche e di ricerca; e, ancora, quelle dell'industria, dove i materiali radioattivi sono usati nella gamma-grafia, per analizzare anomalie strutturali, nell'irraggiamento, per sterilizzare prodotti medicali o derrate alimentari, nella radiometria, per misurare spessori, densità, umidità dei materiali, e per altri scopi.
Ora, si tratta di materiali estremamente pericolosi per la salute umana e l'ambiente, che devono essere adeguatamente imballati e confinati in siti sicuri. La domanda che è stata posta all'UE in merito a dove si potrebbero stoccare quei rifiuti, ha avuto una risposta netta: chi produce le scorie radioattive deve gestirsele nel suo territorio. E quindi, ci si è dati da fare e si sono stabilite le caratteristiche che non devono avere tali siti, per cui non sono adatte le aree vulcaniche, sia attive sia quiescenti, e quelle a sismicità elevata; sono da escludere le fasce fluviali, i tratti di costa larghi almeno 5 km (essendo zone turistiche densamente abitate), i depositi alluvionali, i luoghi a elevato rischio idraulico, i versanti montani a quote superiori ai 700 metri s.l.m., le aree protette.
Dopodiché, esaminata la situazione di tutti i siti in possesso delle caratteristiche corrispondenti ai desiderata, dalle autorità competenti sono stati eseguiti i necessari approfondimenti, verificando manifestazioni vulcaniche secondarie, sollevamenti o abbassamenti del suolo, condizioni meteo-climatiche, ecc. E, alla fine, si è presa la mappa e si è puntato il dito su di una località del materano, Scanzano Jonico, in possesso di tutte le caratteristiche richieste.
Ben, bene, bene! Ecco individuato il luogo in cui approntare il cosiddetto "Deposito Nazionale" per le scorie radioattive. Cioè dove costruire quel contenitore, grande come un campo di calcio, profondo come un palazzo di cinque piani, come è stato definito.
Come capita spesso, però, è opportuno non giungere alla conclusioni troppo affrettatamente: infatti, la sindrome di NIMBY (Not In My Back Yard = Non Nel Mio Giardino) ha colpito ancora. (Fra parentesi, l'estensore del presente articolo, nel 1996, l'ha provata sulla propria pelle, vedendosi bocciare il progetto della discarica per sovvalli della Provincia d Massa Carrara, completo degli impianti e della viabilità necessari, e corredato di tutti i placet locali, regionali, statali, proprio a causa della sindrome di Nimby). Così, almeno per ora, la località Scanzano Jonico è una località depennata tra quelle papabili.
Per concludere, si può affermare che, malgrado l'UE spinga per togliere dal vocabolario il termine discarica, questo non è assolutamente possibile; tuttavia, un comportamento virtuoso da parte di tutti, può ridurne la presenza e la volumetria. Tutto a vantaggio del riciclo e del recupero e, non lo si deve dimenticare mai, delle proprie tasche.