Vi presentiamo lo studio, condotto dell'azienda WAMGROUP in collaborazione con l'Università di Brescia, sulle prestazioni tecniche e ambientali dei prodotti ottenuti dal trattamento del calcestruzzo di risulta
La sostenibilità ambientale ed economica è sempre più parte integrante del settore delle costruzioni. In Italia, oltre 29 milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia vengono estratti annualmente per l'utilizzo nelle costruzioni (Legambiente, 2021). L'insostenibilità del modello di economia lineare che prevede il massiccio sfruttamento di risorse naturali non rinnovabili e il loro successivo smaltimento in discarica a fine vita (take-make-waste), ha reso necessaria, nel corso degli anni, la transizione verso un modello di economia circolare che prevede il recupero e riutilizzo continuo delle risorse all'interno del ciclo produttivo, generando ulteriore valore e, idealmente, minimizzando l'utilizzo di risorse non rinnovabili come sabbia e ghiaia.
Alla luce di ciò, per contrastare il depauperamento delle materie prime naturali, risulta fondamentale imporre una direzione di circolarità ai processi di produzione e utilizzo di materiali, nonché di rifiuti. In tale contesto, la filiera del calcestruzzo è una tra i principali "protagonisti dell'economia circolare" e può fornire, tramite l'utilizzo di aggregati riciclati o industriali in sostituzione di quelli naturali, un prezioso contributo. In particolare, secondo il Rapporto di Sostenibilità di Federbeton (Federbeton, 2019) emerge che, considerando un tasso di sostituzione medio del 30% delle materie prime vergini con quelle di recupero (aggregati riciclati e industriali) e una produzione annuale di circa 28 milioni di metri cubi di calcestruzzo (dato 2019), si potrebbe ottenere un risparmio di aggregati naturali di oltre 15 milioni di tonnellate, equivalente ad un mancato conferimento in discarica di circa il 10% di tutti i rifiuti speciali prodotti annualmente in Italia (154 milioni di tonnellate nel 2019). Le potenzialità offerte dalla filiera del calcestruzzo relativamente all'utilizzo di materiale riciclato risultano, pertanto, decisamente significative.
L'utilizzo di materiali riciclati o scarti di lavorazione può portare quindi a numerosi vantaggi che concorrono ad un miglioramento ambientale, fra i quali:
• salvaguardia delle risorse naturali non rinnovabili;
• minore smaltimento di rifiuti in discarica;
• ottenimento di nuovi materiali alternativi in grado di sostituire totalmente o parzialmente le materie prime vergini.
In questo quadro, tra le possibili fonti di nuovi materiali alternativi vi sono i prodotti ottenuti dal trattamento del calcestruzzo di risulta (o calcestruzzo reso), ovvero il calcestruzzo fresco che, per differenti motivi, non viene utilizzato interamente in cantiere e a fine giornata torna presso l'impianto di produzione all'interno dell'autobetoniera.
In assenza di dati ufficiali relativi all'effettiva quantità di calcestruzzo reso prodotto, si stima che, nei paesi industrializzati europei, esso rappresenti circa il 2%-3% dell'intera produzione di calcestruzzo (Ferrari et al., 2020). Ciò significa che in Italia, ogni anno, circa 700.000 metri cubi di calcestruzzo non vengono utilizzati e tornano agli impianti di produzione.
Appare evidente che, in un'ottica sempre più attuale di economia circolare e di sostenibilità ambientale, l'implementazione di sistemi di trattamento e recupero di tale materiale di risulta garantirebbe una minore necessità di utilizzo e reperimento di materie prime vergini con conseguente riduzione delle pressioni ambientali sulle risorse naturali.
Come sopra menzionato, dal trattamento di tale "rimanenza di calcestruzzo" è possibile ottenere nuovi prodotti che possono essere ulteriormente utilizzati nella produzione di nuovo calcestruzzo. In particolare, attraverso impianti tecnologicamente avanzati, è possibile recuperare:
• aggregati fini (sabbia);
• aggregati grossolani (ghiaia);
• acqua microfiltrata;
• polvere di cemento.
In questo ambito opera l'azienda modenese WAMGROUP® che, attraverso l'innovativo sistema di trattamento combinato "CONSEP® System", permette di dare nuova vita alle componenti della miscela di calcestruzzo, recuperando ingenti quantità di materiale inerte ed acqua. Coerentemente con le normative tecniche di settore, l'utilizzo di tali prodotti (aggregati, acqua microfiltrata e fango di cemento) come nuove materie prime per la produzione di calcestruzzo, deve garantire la verifica di determinati requisiti tecnici e ambientali, al fine di assicurare, contemporaneamente, la salvaguardia dell'ambiente ed adeguate prestazioni meccaniche.
In tale contesto, al fine di valutare tale idoneità tecnico-ambientale, l'azienda WAMGROUP® e l'Università degli Studi di Brescia (Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambiente, Territorio, Architettura e Matematica, DICATAM) hanno collaborato, da marzo 2018, ad uno studio biennale di ricerca scientifica dal titolo "Recupero di materia dal calcestruzzo di risulta derivante dal lavaggio delle betoniere".
Obiettivo dello studio
L'obiettivo principale del lavoro di ricerca svolto è stato quello di approfondire, tramite un approccio di tipo conoscitivo e sperimentale, le prestazioni tecniche e ambientali dei prodotti ottenuti dal trattamento del calcestruzzo di risulta, nonché la fattibilità e l'idoneità per la produzione di nuovo calcestruzzo. Contemporaneamente è stata valutata e valorizzata l'efficienza degli impianti WAMGROUP® nella "pulizia" dell'acqua di lavaggio e degli inerti di distinta dimensione, evidenziandone il raggiungimento degli standard normativi per il recupero nel settore delle costruzioni.
L'analisi sperimentale è stata sviluppata, in fase preliminare, su due impianti di trattamento localizzati presso due centrali di betonaggio con sede, rispettivamente, a Mirandola (Modena) e Lavis (Trento). In una seconda fase, lo studio è stato focalizzato solo su uno dei due impianti (con sede a Lavis), sul quale sono state eseguite prove di caratterizzazione completa delle componenti recuperate.
La tecnologia CONSEP® System
L'impianto di trattamento del calcestruzzo di risulta implementato dall'azienda WAMGROUP®, si compone di due sezioni principali:
1. "Consep®" per il recupero della frazione inerte presente nel calcestruzzo di risulta (Figura 1). Il processo, tramite un sistema meccanico dotato di buffer e coclee alimentatrici, permette di recuperare aggregati fini (sabbia) con diametro delle particelle inferiore a 5 mm e aggregati grossolani (ghiaia) con diametro delle particelle superiore a 5 mm. Inoltre, durante la fase di separazione e vagliatura, ciascuna frazione granulometrica viene perfettamente lavata tramite un sistema di ugelli spruzzatori.
L'acqua di lavaggio (che comprende sia l'acqua utilizzata per il lavaggio dell'autobetoniera prima dello scarico del calcestruzzo reso nel buffer che l'acqua di risulta derivante dal lavaggio degli inerti) viene trasportata all'interno di una vasca di accumulo e successivamente inviata al processo di microfiltrazione HYFIL®.
2."HYFIL®" per il trattamento dell'acqua di lavaggio (acqua + cemento) e conseguente recupero di acqua chiarificata e fango di cemento (Figura 2).
Nel dettaglio, l'acqua di lavaggio proveniente dal processo di lavaggio dell'autobetoniera e della frazione inerte viene, in prima fase, conferita ad una vasca di accumulo e mantenuta in agitazione tramite agitatori meccanici, al fine di impedire la sedimentazione dei solidi sospesi presenti al suo interno. Tramite una pompa sommersa l'acqua viene successivamente inviata al processo di microfiltrazione che, attraverso l'utilizzo di una membrana filtrante, permette la separazione della fase liquida (acqua microfiltrata) dalla fase solida (fango di cemento).
L'acqua microfiltrata viene successivamente inviata ad un serbatoio di raccolta, mentre il fango di cemento viene scaricato tramite coclea in un'area di stoccaggio dedicata.
In Figura 3 viene mostrato lo schema di processo relativo all'intero sistema di trattamento. In termini quantitativi, l'impianto gestisce una portata massima in ingresso pari a 10 m3/ora di calcestruzzo reso e acqua di lavaggio in rapporto 1:1, di cui una percentuale pari al 15% è composta da aggregati lavati conformi alle normative e una percentuale dell'85% da acqua e cemento. Successivamente, a valle del processo di microfiltrazione viene recuperata acqua chiarificata e fango di cemento. La gamma HYFIL messa a disposizione per suddetti processi permette di recuperare da 1 a 4 metri cubi /ora di acqua chiarificata senza bisogno di presidio.
Ad oggi, l'azienda ha sviluppato un nuovo sistema HYFIL® che permette quindi di recuperare fino a 80 m3/giorno di acqua chiarificata, incrementando notevolmente il proprio livello di prestazione.
Sperimentazione e principali risultati
Durante l'attività di ricerca svolta è stato sviluppato un approfondimento sperimentale finalizzato alla valutazione delle prestazioni tecniche e ambientali dei prodotti ottenuti dal processo di trattamento, nonché delle prestazioni meccaniche del calcestruzzo confezionato con tali materiali . In particolare, la frazione inerte composta da aggregati fini (d ≤ 5 mm) e aggregati grossolani (d ≥ 5 mm) è stata sottoposta, in accordo ai requisiti richiesti dalla norma tecnica di settore (UNI EN 12620 "Aggregati per calcestruzzo"), alle seguenti prove di caratterizzazione: analisi granulometrica, equivalente in sabbia, blu di metilene, massa volumica in mucchio e del granulo, assorbimento d'acqua, reattività alcali-silice, contenuto di cloruri idrosolubili, solfati solubili in acido, contenuto di zolfo totale, descrizione petrografica, impurezze organiche leggere, prova di radioattività e, infine, test di cessione (UNI EN 12457-2).
Viceversa, l'acqua di lavaggio (prima e dopo microfiltrazione) è stata sottoposta alla valutazione del contenuto di solidi sospesi totali e, contemporaneamente, alle prove di caratterizzazione richieste dalla norma UNI EN 1008 "Acqua d'impasto per il calcestruzzo" (al fine di valutare l'idoneità dell'acqua microfiltrata per la produzione di nuovo calcestruzzo). Sul fango di cemento sono state invece eseguite, mediante implementazione di un piano di monitoraggio mensile, prove di valutazione del contenuto di sostanza secca e umidità, nonché prove atte a identificare eventuali capacità residue del calore di idratazione (metodo della calorimetria a conduzione isotermica UNI 196-11).
Infine, a valle della caratterizzazione sperimentale delle diverse componenti, l'attività ha previsto il confezionamento di miscele di calcestruzzo con classi di resistenza C10/15, C25/30 e C30/37 utilizzando aggregati, acqua microfiltrata e fango di cemento provenienti dal calcestruzzo di risulta in combinazione con aggregati naturali e acqua microfiltrata. In particolare, sono state prodotte le seguenti miscele:
• miscela "riferimento": 100% di aggregati naturali - 100% di acqua naturale;
• miscela "50%-riciclato": 50% di aggregati provenienti da calcestruzzo di risulta e 50% di aggregati naturali - 50% di acqua naturale e 50% di acqua microfiltrata;
• miscela "fango": stessa miscela precedente (50%-riciclato) con la sostituzione di 50 kg/m3 di sabbia con 50 kg/m3 di fango di cemento.
Le miscele sono state successivamente sottoposte a test di compressione dopo 28 giorni di maturazione in camera nebbia a temperatura di 20°C e umidità relativa ≥ 95%, in accordo alla norma UNI EN 12390-3 ("Prova su calcestruzzo indurito: resistenza a compressione dei provini").
I risultati finali ottenuti hanno evidenziato che, in termini di proprietà geometriche, fisiche e chimiche, gli aggregati soddisfano i requisiti imposti dalla norma UNI EN 12620 e dalla sua applicativa UNI 8520-2 risultando, pertanto, idonei alla produzione di nuovo calcestruzzo. In particolare, tra le principali caratteristiche, si evidenziano valori di massa volumica in condizioni di superficie satura asciutta (s.s.a) pari a 2660 kg/m3 per l'aggregato fine e 2720 kg/m3 per l'aggregato grossolano (valori che rispettano ampiamente il limite normativo minimo di 2300 kg/m3). In termini di assorbimento d'acqua, l'aggregato grossolano presenta un valore percentuale pari allo 0,9% che, anche in questo caso, rispetta il limite normativo massimo dell'1% richiesto per il confezionamento di calcestruzzi operanti in classe di esposizione Xf.
Relativamente agli aspetti ambientali, i risultati ottenuti del test di cessione, eseguito in accordo alla metodica UNI EN 12457-2 (dmax ≤ 4 mm; L/S = 10 L/kg; tempo di contatto 24 ore; acqua demineralizzata), non hanno evidenziato alcun rilascio di sostanze inquinanti nell'ambiente, se non un valore alcalino di pH dell'eluato (nell'intervallo 10-12), ma sempre inferiore al limite normativo imposto dal Decreto Ministeriale 186/2006.
Anche l'acqua microfiltrata risulta idonea alla produzione di nuovo calcestruzzo. In particolare, sono soddisfatti tutti i requisiti prestazionali richiesti dalla UNI EN 1008, sia in termini di tempo di inizio-fine presa che di resistenza a compressione dei provini di malta confezionati con l'acqua in esame. Va peraltro evidenziato che anche i requisiti chimici imposti dalla sopracitata normativa vengono ampiamente soddisfatti. In particolare, l'acqua soddisfa sia i requisiti di pH, che si attesta ad un valore pari a 12,8 (valore minimo ammesso dalla normativa pari a 4), che quelli relativi al contenuto di ioni cloruro e al contenuto di solfati. Tale limitazione, in particolare nel contenuto di cloruri e solfati, è di fondamentale importanza poiché finalizzata ad impedire la formazione di espansioni e fessurazioni del calcestruzzo (solfati), nonché la corrosione delle armature (cloruri).
Dalla valutazione del contenuto di solidi sospesi totali, calcolato su campioni di acqua di lavaggio prima e dopo il processo di microfiltrazione (Figura 4), è emerso che, nel campione in ingresso (acqua sporca prima della microfiltrazione), il contenuto di solidi sospesi, nonché di sostanza secca, varia in un intervallo percentuale di circa l'8% - 9,7% sul volume totale. Al contrario, il permeato (acqua pulita dopo microfiltrazione) possiede un contenuto di sostanza secca decisamente inferiore, quasi nullo. Questo evidenzia come l'efficienza del processo di microfiltrazione sia decisamente elevata e porti ad ottenere un campione di acqua chiarificata con un contenuto di solidi sospesi pressoché trascurabile.
I risultati ottenuti dalle prove di caratterizzazione del fango di cemento in uscita dalla microfiltrazione hanno evidenziato un contenuto di umidità variabile tra il 53% e 61%. Inoltre, a valle della prova di calorimetria a conduzione isotermica, non è più stata riscontrata alcuna proprietà di idratazione, neanche dopo riattivazione con materiale pozzolanico. Per l'utilizzo di tale materiale nella produzione di calcestruzzo è stata, pertanto, valutata la fattibilità di un suo utilizzo come filler. Infine, i risultati ottenuti dalle prove di resistenza a compressione eseguite sulle miscele di calcestruzzo confezionate con l'utilizzo dei prodotti ottenuti dal trattamento del calcestruzzo reso (in diverse percentuali), hanno mostrato che, rispetto alla miscela naturale di riferimento, la miscela "50%-riciclato" presenta una riduzione di resistenza nell'intervallo 1,6% (C20/25) - 2% (C10/15 e C30/37); mentre la miscela "fango" presenta una riduzione di resistenza nell'intervallo 7,9% (C20/25 e C30/37) - 13% (C10/15).
Conclusioni
L'obiettivo del presente lavoro di ricerca ha riguardato la valutazione della fattibilità tecnica e ambientale di riutilizzo dei prodotti ottenuti dal trattamento del calcestruzzo reso (aggregati, acqua e fango di cemento) nel settore delle costruzioni, con particolare riferimento alla produzione di calcestruzzo.
A fronte delle attività di ricerca condotte durante la sperimentazione è possibile affermare che tutti i prodotti ottenuti dal trattamento possono essere utilizzati per la produzione di calcestruzzo. In particolare, gli aggregati fini e grossolani sono considerati idonei alla produzione di nuovo calcestruzzo poiché rispettano tutti i requisiti imposti dalla norma tecnica di settore UNI EN 12620. Inoltre, l'utilizzo non comporta alcun impatto ambientale in termini di rilascio di possibili contaminanti. I risultati del test di cessione hanno infatti confermato il rispetto di tutti i limiti imposti dal D.M. 186/2006. Allo stesso modo, anche l'acqua microfiltrata può essere considerata idonea all'utilizzo come acqua di impasto per la produzione di nuovo calcestruzzo, nel rispetto dei limiti imposti dalla norma UNI EN 1008. Il processo di microfiltrazione implementato dall'azienda WAMGROUP® risulta essere inoltre fortemente performante. Il contenuto di solidi sospesi totali presente nell'acqua microfiltrata è, infatti, quasi nullo. Per quanto riguarda invece il fango di cemento, è stata dimostrata la fattibilità di un suo utilizzo come filler all'interno di nuove miscele di calcestruzzo.
Il calcestruzzo prodotto con l'utilizzo combinato di aggregati riciclati e acqua riciclata (microfiltrata) garantisce prestazioni meccaniche pressoché simili a quelle di un calcestruzzo tradizionale. Allo stesso modo, anche l'utilizzo parziale del fango di cemento come filler (in sostituzione della sabbia naturale) permette l'ottenimento di miscele di calcestruzzo con buone prestazioni meccaniche. In particolare, è preferibile l'utilizzo per calcestruzzi ad alta resistenza, quali ad esempio C20/25 e C30/37.
La gestione circolare di tali materiali è quindi fattibile ed attuabile, allineandosi inoltre ai principi di economia circolare ai quali si ispirano le recenti politiche economiche, produttive e sociali comunitarie e nazionali. Attraverso il lavoro di ricerca svolto è stato quindi possibile acquisire un know-how tecnico, scientifico e ambientale in grado di valorizzare tali materiali in nuove risorse economiche, in linea anche con gli obiettivi (SDGs) dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
In conclusione, è possibile affermare che la tecnologia di recupero del calcestruzzo di risulta implementata dall'azienda WAMGROUP®, grazie al suo elevato livello di innovatività ed efficienza tecnologica, permette di ottenere veri e propri prodotti che possono essere immessi sul mercato e/o riutilizzati direttamente nella centrale di betonaggio per la produzione di nuovo calcestruzzo garantendo, contemporaneamente, adeguate prestazioni tecniche e ambientali.
In un periodo storico in cui la sostenibilità ambientale "fa da padrona", l'importanza di garantire ai propri prodotti una piena compatibilità ambientale fa dell'azienda un esempio sostenibile dell'industria italiana, a dimostrazione di come il settore delle costruzioni stia virando, in maniera strategica, verso soluzioni sempre più responsabili. Una scelta che si dimostra vincente, anche a livello economico.
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