La punta della perfezione

Lo scorso 8 ottobre è stato demolito tramite esplosivo l'impalcato del viadotto Torraccia Sud sull'autostrada A1, continuando il programma di riqualifica del tracciato tra Barberino e Calenzano. L'eccellente sinergia fra ASPI - Autostrade per l'Italia, Amplia, società del Gruppo ASPI, e Nitrex Explosives Engineering, ha permesso la perfetta riuscita di un'operazione complessa che dietro un esito spettacolare cela una progettazione meticolosa fatta di uno studio minuzioso e di scrupolose operazioni preliminari


È ormai entrato nel linguaggio comune riferirsi alla punta dell'iceberg per indicare la minima parte conosciuta di un avvenimento che, in realtà, è molto più vasto e importante. Ecco dunque che parlare della demolizione del viadotto Torraccia Sud riferendosi alla spettacolare serie di esplosioni con cui è stato abbattuto il suo impalcato, lo scorso 8 ottobre alle 6.45, non è che la punta dell'iceberg di un intervento molto più articolato che ha avuto in ASPI - Autostrade per l'Italia, Amplia, società del Gruppo ASPI nonché prima azienda di costruzioni per attività a livello nazionale, e Nitrex Explosives Engineering, azienda specializzata nel fornire servizi nel campo dell'ingegneria degli esplosivi con oltre 30 anni di esperienza alle spalle, i suoi protagonisti.

Inquadramento dell'opera
La demolizione attraverso l'uso di esplosivo dell'impalcato del viadotto Torraccia Sud, situato al km 271+681 dell'originaria carreggiata Sud del tratto di A1 Milano-Napoli, tra Barberino e Calenzano, avvia la fase centrale del piano di ammodernamento del viadotto, quale intervento propedeutico al più ampio programma di riqualifica dell'intero tracciato, finalizzato da Autostrade per l'Italia sotto la supervisione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha già visto il completamento della nuova carreggiata Sud con la realizzazione della galleria Santa Lucia, la più lunga a tre corsie mai realizzata di Europa. Per la direzione Nord è infatti prevista la riqualifica delle due corsie attualmente in uso e la riconfigurazione dell'ex carreggiata Sud verso Nord, per un assetto finale di quattro corsie verso Bologna e tre corsie in direzione Firenze.
L'ammodernamento del Viadotto Torraccia rientra in un piano di rigenerazione della carreggiata Nord che comprende investimenti di riqualifica del tratto per oltre 120 milioni di euro e 135 milioni destinati all'ammodernamento, con tempi di esecuzione complessivamente stimati in 40 mesi. Tra gli interventi più significativi si prevedono: la rigenerazione strutturale di tre viadotti (Torraccia, Goccioloni I, Goccioloni II) e l'ammodernamento delle calotte di tutte le gallerie presenti lungo la tratta oggetto di riqualifica (6 gallerie e 12 fornici).
Per quanto riguarda il Torraccia e gli altri due viadotti è prevista la sostituzione dell'impalcato e il rinforzo delle pile esistenti. La geometria rimarrà pressoché identica dal punto di vista estetico, cambierà invece la tipologia di impalcato, in quanto, nel caso del Torraccia, da un impalcato in calcestruzzo armato con selle Gerber, ossia delle travi a forma di sella appoggiate tra la pila e l'impalcato, si passerà ad un impalcato in acciaio con una travatura continua, una grande iperstatica che chiaramente è funzionale ad ottimizzare sia la funzione dell'impalcato stesso, sia la durabilità dell'opera, oltre che garantire l'adeguamento dal punto di vista sismico dell'opera stessa.

Perché demolire l'impalcato del viadotto Torraccia
Il viadotto Fosso Torraccia, aperto al traffico alla fine del 1960, era in calcestruzzo armato, materiale che per sua natura ha una vita operativa definita a livello temporale e pertanto necessitava di essere sostituito, con travi e impalcato ripensati, anche per essere adeguato alla nuova normativa antisismica. Occorre sottolineare che il nuovo tracciato, oltre a garantire una maggiore sicurezza e una drastica riduzione dei tempi di percorrenza, verrà realizzato ovviamente in linea con i più recenti standard normativi, tali da assicurare un incremento della vita utile dell'opera e una riduzione sostanziale degli impatti sulla viabilità che potrebbero essere generati da cantierizzazioni future.

Particolarità strutturali

Progettato da Silvano Zorzi, uno dei massimi esponenti della scuola italiana di ingegneria, il viadotto Torraccia presentava delle caratteristiche strutturali decisamente particolari. Zorzi era un progettista che, come molti in quel periodo, ricercava spesso il minimo strutturale: il suo lavoro era volto a ricercare la struttura minima, sia a livello di pesi sia di ingombri, per assolvere una particolare funzione. Difatti questo impalcato presentava spessori minimi tanto che si può quasi affermare che resistesse per forma più che per massa delle travi. Ma soprattutto, la particolarità stava proprio nella struttura delle sue travi. Come ci spiega Gianluca Auletta, ingegnere strutturista collaboratore di Nitrex Explosives Engineering: "L'operazione che è stata fatta è stata quella di demolire gli impalcati, così come richiesto dal progetto, senza andare ad intaccare le pile, ovviamente neanche nella fase di caduta a terra degli impalcati stessi. Prima di descriverne la demolizione, però, occorre precisare che il Torraccia Sud aveva una lunghezza di 165 m, una larghezza di impalcato di circa 11,5 m ed era suddiviso in 5 campate, di cui le 3 centrali con interasse di circa 37 metri (tra gli assi delle pile) e di 26 m per le due campate laterali, mentre la pila più alta raggiunge i 32 m.La particolarità stava proprio nelle sue travi a cassone: il Torraccia era formato da travi cassonate in calcestruzzo armato precompresso da 1,80 m di altezza per 90 cm di larghezza con spessori delle pareti dei cassoni da 14 cm. Per demolire l'impalcato senza che lo stesso nella fase di caduta urtasse le pile, è stato scelto di creare, con la detonazione delle cariche, delle cerniere in mezzeria ai 3 impalcati centrali. Una volta creata la cerniera in mezzeria l'impalcato ruotando sugli appoggi, distanti 2 m dalle pile, impatta al suolo tenendosi lontano dalle stesse.

Questo - specifica Auletta - è dovuto alla configurazione del Torraccia in cui l'impalcato non andava a poggiare direttamente sulle pile ma aveva dei pulvini a sbalzo di 2 m dal bordo pila. Praticamente creando una cerniera al centro ci si trovava già distanziati di un paio di metri dalla pila dove c'era il punto di rotazione tale da consentire la caduta degli impalcati; cosa diversa invece per i due impalcati esterni in cui l'impalcato poggiava sulle spalle, cosa che ha implicato la creazione di una cerniera non solo centrale ma anche verso l'appoggio, in questo caso distanziata di un paio di metri dalla spalla. Per la tipicità delle travi cassonate - evidenzia Auletta - è stato indispensabile eseguire delle aperture nelle travi, aperture realizzate nella parte di extradosso per una lunghezza di circa 1,30 m e una larghezza di 50 cm, il minimo per far entrare un uomo all'interno così da poter posizionare le cariche esplosive sul fondo del cassone stesso, mentre le altre cariche esplosive sono state posizionate invece perforando le anime dei cassoni".Un'operazione estremamente delicata dunque, che ha visto l'impiego di circa 1000 cariche esplosive (da un minimo di 30 a un massimo di 200 grammi circa), 2000 m di miccia detonante per un totale di 130 kg di esplosivo, 130 kg di classica dinamite che tecnicamente prende il nome di gelatina.Come ci illustra sempre Auletta: "La demolizione, dopo tre suoni di preavviso che hanno segnato il countdown, è avvenuta in 5 esplosioni consecutive, una per ogni impalcato, attivate ad 1 secondo di distanza l'una dall'altra al fine di ridurre e non fare accumulare i picchi di sovrappressione in aria e le vibrazioni. Come in ogni operazione di questo tipo sono state installate delle stazioni di monitoraggio: 7 stazioni di monitoraggio in questo caso, quindi una su ogni campata del viadotto affianco distante solo 1,5 m dal Torraccia Sud demolito, e altre due alla base delle pile più alte, così da registrare non solo tutti i picchi di vibrazione ma anche l'onda di sovrapressione in aria. Queste stazioni di monitoraggio registrano sia l'onda di sovrapressione in aria (onda d'urto), che le vibrazioni indotte da due meccanismi, ossia la detonazione dell'esplosivo e l'impatto a terra degli impalcati, perché anche quelli producono ovviamente delle vibrazioni. Sui punti minati poi sono state predisposte delle reti a maglie in acciaio, al fine di contenere il lancio di frammenti di calcestruzzo proiettati durante le esplosioni, anche perché a 40 m vi era un traliccio dell'alta tensione, cavi aerei a circa una ventina di m dall'asse stradale, un'abitazione a un centinaio di m e a 150 m vi era una torre posta su un rilievo, la cosiddetta Torraccia appunto, da cui prende il nome il viadotto stesso".Pur nella sua spettacolarità l'esplosione che ha permesso la caduta al suolo, con precisione millimetrica degli impalcati, è stata solo la punta dell'iceberg dell'intervento realizzato. Le operazioni più delicate sono state indubbiamente quelle di predisposizione all'abbattimento, le cosiddette operazioni preliminari, iniziate già lo scorso agosto.

Come ci spiega sempre Auletta: "é bene ribadire che prima di quei secondi di esplosione c'è tanto lavoro, sia a tavolino, quindi a livello di progettazione, sia direttamente in cantiere con la fase preparatoria. Come detto, non si trattava di un viadotto standard con travi a doppio T in calcestruzzo armato precompresso, ma di un viadotto con travi cassonate per le quali si è reso necessario effettuare delle aperture nelle ali superiori delle travi, da 1,30 m di lunghezza e 50 cm di larghezza e realizzare con precisione dei fori da mina nelle sottili pareti da 14 cm dei cassoni. Oltre alle aperture e fori da mina descritti, sono stati realizzati preventivamente dei tagli da 1,20 m nella soletta, tra le travi, così da ridurre i vincoli e consentire il buon esito della demolizione. Il tutto ovviamente in piena sicurezza, anzi paradossalmente prima della detonazione il viadotto ha un grado di sicurezza più elevato in quanto viene tolto peso e al contempo vengono ridotti i vincoli così da predisporlo con il colpo finale ad un più facile abbattimento. Preventivamente abbiamo dunque rimosso i guard rail, tagliato i cordoli e ancora prima fresato l'asfalto a freddo, così da rendere omogeneo, a livello di materiali, il relitto che una volta a terra è costituito solo da cls e ferro, a tutto beneficio della facilità di riciclo, in piena ottemperanza ai dettami dell'economia circolare. Dopodiché si è passati a fare i tagli nella soletta e i fori da mina nelle anime delle travi e nelle parti della soletta vicino ai tagli. Ogni foratura viene sempre verificata fase per fase al fine di avere sempre dei coefficienti di sicurezza alti per salvaguardare l'incolumità di chi opera in loco. Viene sempre predisposta una linea vita aerea dove gli operai sono agganciati, perché è vero che i coefficienti di sicurezza sono elevati però è vero anche che siamo di fronte a strutture che ormai hanno una certa età, hanno delle patologie, quindi sono strutture comunque degradate sia a livello di cls sia di armatura e quindi non le si può mai ovviamente conoscere cm per cm. Non solo, anche i mezzi meccanici sono radiocomandati così da consentire al personale che opera in loco di stare fuori dal mezzo e collegato alla linea vita in piena sicurezza".

Dinnanzi a demolizioni di questo genere occorre anche sottolineare un altro aspetto fondamentale e spesso lasciato in secondo piano: oggi si conoscono i progetti sulla base dei quali sono stati realizzati questi manufatti ma non si può essere sicuri del fatto che siano stati effettivamente realizzati seguendo esattamente il progetto: ci possono essere delle discrepanze importanti, a volte anche dolose, che possono portare ad avere una non conformità con il progetto, cosa che costringe ad operare con un margine di incertezza che va comunque considerato.

Il segreto della buona riuscita

Grazie ad ASPI - Autostrade per l'Italia e alla sinergia con Amplia che ha potuto contare sull'esperienza trentennale di Nitrex, è stato possibile realizzare un'operazione sì spettacolare ma, come abbiamo visto, di una complessità incredibile, in cui solo lo studio preventivo approfondito e meticoloso di ogni minimo dettaglio e la precisione e puntualità delle operazioni preliminari svolte in cantiere ne hanno garantito la perfetta riuscita. In virtù di approfonditi studi propedeutici atti a contenere riflessi sull'area, seguiti da meticolosi monitoraggi dell'emissione di onde sismiche, vibrazionali e della predisposizione di misure mirate alla protezione della fauna selvatica e del reticolo idraulico, la demolizione dell'impalcato del Viadotto Torraccia Sud non ha generato alcun tipo di ripercussione ambientale. Le operazioni di brillamento, effettuate con il coordinamento del Comitato Operativo Viabilità di Autostrade per l'Italia, Prefettura, Polizia Stradale, Vigili del Fuoco, 118, Città Metropolitana di Firenze, Comuni di Calenzano e Barberino e relative Polizie

Municipali, sono state concluse nei tempi stabiliti e la riapertura al traffico in direzione Nord, diretta dagli operatori della Direzione di Tronco di Firenze di Aspi e dalla Polizia Stradale, è avvenuta come previsto alle ore 8 dell'8 ottobre scorso, dopo solo poco più di un'ora dall'esposizione.
Come ha dichiarato Roberto Tomasi, Amministratore delegato di Autostrade per l'Italia: "Simili interventi mostrano in tutta la loro evidenza la complessità del piano di ammodernamento messo in campo sulla rete autostradale di nostra gestione. Ammodernamento che va di pari passo con le opere di potenziamento: un simile intervento non sarebbe infatti stato possibile, se non avessimo avuto a disposizione il nuovo tracciato della A1 e la Galleria S. Lucia. Questo ci fa capire quanto sia importante proseguire con convinzione il piano avviato, per far fronte alle nuove esigenze della mobilità. La rigenerazione delle infrastrutture - aggiunge Tomasi - rappresenta un tema non più rimandabile a livello di sistema-Paese, un argomento che deve restare al centro del dibattito e guidare le future scelte strategiche nazionali".


L'approccio sostenibile
Nel segno di un approccio sostenibile, finalizzato alla salvaguardia degli ecosistemi del territorio, il Gruppo Autostrade ha svolto una demolizione "selettiva": un metodo virtuoso, grazie al quale è stato possibile classificare, riutilizzare e recuperare ogni singolo materiale coinvolto nel brillamento.
Le barriere new jersey, ad esempio, saranno interamente rigenerate e riutilizzate dal Gruppo in altri ambiti.
L'asfalto, invece, grazie alla fresatura a freddo, potrà essere interamente recuperato in impianti autorizzati, attraverso un trattamento a cui farà seguito una pronta reimmissione in commercio come materia prima secondaria (nello specifico granulato di conglomerato bituminoso). Nel complesso, saranno recuperate circa 430 tonnellate di asfalto, che corrispondono a 1800 mq: l'equivalente di tre campi da tennis.

Per quanto concerne acciaio e calcestruzzo, escavatori attrezzati con pinze idrauliche sono intervenuti alla base del viadotto, dopo l'esplosione dell'impalcato, per ridurre granulometricamente il cls e separarlo dal ferro. Calcestruzzo che, con circa 2.400 tonnellate, rappresenta, per distacco, il principale materiale destinato al ciclo di recupero.
In definitiva, il 100% dei materiali impiegati sono risultati idonei, per caratteristiche fisiche e chimiche, a essere riutilizzati, riciclati o recuperati.
Un esempio virtuoso, sotto tutti i punti di vista, quello della demolizione del viadotto Torraccia Sud, un'operazione spettacolare che altro non è che la punta dell'iceberg di un intervento estremamente complesso che ha però palesato il perfetto funzionamento di un meccanismo in cui ogni ingranaggio, Aspi, Amplia e Nitrex, ha contribuito al meritato successo finale, in piena rispondenza ad un progetto di riqualificazione della rete stradale importantissimo per il Paese e in piena rispondenza ai dettami dell'economia circolare. n

Foto di Gianluca Botti, Comunicazione Tecnologica