È in corso di ultimazione la demolizione dell'ex sede de "La Gazzetta del Mezzogiorno" a Bari. Gli escavatori de La Piccola Impresa di Colasanto Claudio di Ruvo di Puglia (BA), sono impegnati nell'abbattimento di uno dei primi edifici realizzati nel capoluogo pugliese con tecniche antisismiche e che da quasi un decennio versava in condizioni di totale abbandono
Unbreakeable. Indistruttibile. O quasi. L'ex palazzo de "La Gazzetta del Mezzogiorno" risale al 1972, progettato dall'architetto Onofrio Mangini, è uno dei primi edifici realizzati a Bari, e in tutta la Puglia, con tecniche antisismiche. Un colosso di stabilità, tanto che per la sua inaugurazione arrivò nel capoluogo pugliese persino Giovanni Leone, l'allora capo dello Stato. Da un decennio in stato di abbandono e oggetto di atti vandalici, ossia da quando il quotidiano trasferì la propria sede nello stabile in piazza Aldo Moro, l'edificio composto da tre piani interrati e da quattro piani fuori terra, lo scorso marzo, è stato transennato e i mezzi dell'impresa barese, La Piccola Impresa di Colasanto Claudio, hanno potuto dare il via ad una demolizione ostica, sotto tanti punti di vista.
Partiamo dal contesto, in pieno centro abitato, a pochi passi dal Policlinico di Bari e circondato da palazzi, scuole e campetti da calcio quotidianamente frequentati da bambini. Un ambiente che ha richiesto la massima attenzione durante tutte le operazioni di demolizione, l'uso di cannon fog e di nebulizzatori idraulici attaccati sulla pinza frantumatrice dell'escavatore per nebulizzare le polveri in altezza, oltre che un controllo continuo e costante da parte degli enti competenti relativamente alle emissioni sonore.
bbiamo parlato di una demolizione ostica, ebbene non si può non citare la struttura stessa, in quanto essendo stata costruita appunto con tecniche innovative e antisismiche era molto ben consolidata dal punto di vista statico e presentava un'ingente quantità di ferri d'armatura sia nei pilastri sia nelle strutture portanti.
Di proprietà di Antonio Albanese, Vito Miccolis e Vito Ladisa, editore dell'Edicola del Sud, lo stabile, per la cui demolizione Clam Costruzioni Srl, impresa con sede a Bari e a Matera, vincitrice dell'appalto, ha affidato la demolizione in subappalto, appunto, a La Piccola Impresa di Colasanto Claudio, azienda di Ruvo di Puglia (BA) specializzata in lavori di demolizioni, scavi e lavori stradali, a fine giugno verrà completamente abbattuto, tanto che sono già iniziate le operazioni di montaggio delle gru che saranno impegnate nella successiva costruzione di quello che sarà il complesso residenziale Palazzo del Mezzogiorno che si comporrà di 88 appartamenti, articolati su sette piani.
L'area oggetto di demolizione comprende uno stabile alto una trentina di metri, quindi 4 piani, circondato da una vasta area in cui venivano effettuate le operazioni logistiche relative alla messa in stampa de "La Gazzetta del Mezzogiorno". Queste si svolgevano nei tre piani interrati, o meglio al piano - 1 dove avveniva ad esempio il carico e scarico della carta, mentre nei restanti piani interrati trovavano posto le rotative, per la rimozione delle quali, essendo in ferro, è stato previsto lo smontaggio pezzo per pezzo, tramite cesoia idraulica attaccata all'escavatore.
Per raggiungere il fabbricato fuori terra oggetto di demolizione, nonché sede delle redazioni del quotidiano barese, è stato necessario demolire preventivamente i piani interrati, così da poter poi far transitare e sostare in piena sicurezza i mezzi utilizzati per la demolizione, come l'escavatore Liebherr 974, un cingolato da quasi 100 ton che con un braccio alto 43 metri ha demolito, tramite la tecnica top down la palazzina.
Non va dimenticato che prima della demolizione vera e proprio, considerando che lo stabile era ancora arredato, è stato necessario procedere al cosiddetto strip out, un'attività di demolizione selettiva che ha previsto la rimozione preventiva di tutti gli elementi estranei alle mere strutture edilizie che sono stati poi gestiti in modo differenziato. Grazie alla rimozione di infissi, impianti a vista, sanitari, pavimentazioni sintetiche e in legno, tramite questa operazione è stato possibile restituire l'involucro murario bonificato, pronto appunto per essere demolito. Lo strip out ha consentito quindi di ottimizzare la gestione dei materiali di scarto, separandoli già in cantiere e indirizzandoli immediatamente verso processi di smaltimento e recupero dedicati. In questo modo i rifiuti pericolosi non si sono mescolati agli inerti e ai materiali riciclabili, generando così più valore, in pieno rispetto dei dettami dell'economia circolare.
Dettami dell'economia circolare rispettati anche grazie all'avvio della campagna di frantumazione direttamente in loco, portata avanti dal frantoio mobile CAMS UTM 1500, che sta recuperando una quantità ingente di materiale destinato ad essere utilizzato nelle opere di riempimento di quello che è stato un edificio all'avanguardia e che ha richiesto un modus operandi altrettanto all'avanguardia, oltre che un'attenzione e una cura estrema nello svolgimento dei lavori che consentiranno di trasformare un'area ormai degradata restituendola alla comunità.