Carbon Footprint della gestione delle acque reflue come risorsa nelle aree metropolitane

Nelle aree metropolitane l'approvvigionamento idrico appare decisamente preoccupante: le risorse idriche sono limitate, distribuite in modo disomogeneo (sia nel tempo che nello spazio) ed in alcuni casi inquinate.
Alle variazioni stagionali delle precipitazioni, si accompagna l'oscillazione stagionale della domanda (consumo) in funzione di fattori quali: il turismo, l'irrigazione e gli usi industriali nei cicli produttivi.
Ad aggravare la situazione, intervengono talvolta eventi quali la siccità, come nelle ultime due stagioni invernali (2015-2016 e 2016-2017), che verranno ricordate per la carenza di piogge e se il trend proseguirà in questa direzione, durante la prossima estate, potremmo trovarci di fronte alla terribile questione: distribuire l'acqua all'agricoltura, ai consumi domestici o alla produzione di energia?
Il deficit delle piogge a livello nazionale è del 9%. Nelle aree metropolitane la gestione delle risorse idriche, rappresenta uno dei principali problemi, non solo a causa dell'attuale scarsità di risorse, ma anche in considerazione delle norme di qualità sempre più rigorose, richieste dalla legislazione europea.
La gestione di questa risorsa, tradizionalmente incentrata sull'offerta, ha contribuito a far ritenere che vi fossero disponibilità illimitata di acque e la possibilità di soddisfare il fabbisogno per usi: civili, irrigui ed industriali.
Si costata invece che l'equilibrio tra le aspettative e l'effettiva offerta di acqua diventa sempre più precaria e che per motivi socio-economici ed ambientale, l'impostazione seguita finora, risulta inadeguata, da ciò emerge le necessità di fare ricorso a risorse non convenzionali come impianti di trattamento delle acque reflue urbane e trattamento dei fanghi biologici con recupero di energia e riutilizzo delle acque reflue depurate in agricoltura e nei sistemi di raffreddamento per usi industriali ed impianti di dissalazione dell'acqua di mare.
La rapida urbanizzazione e gli investimenti nelle infrastrutture come gli impianti di trattamento dei liquami urbani a servizio delle aree metropolitane in Italia stanno determinando un carico ambientale in costante aumento con elevati consumi di energia elettrica ed emissioni climalteranti (GHG).
Per quantificare i carichi ambientali viene utilizzata la "Carbon footprint" come strumento per quantificare le emissioni di CO2 durante il ciclo di vita e ridurre l'impatto del cambiamento climatico. Questa ricerca, esamina alcune tipologie impiantistiche, prendendo in considerazione differenti alternative nel trattamento delle acque reflue e fanghi biologici per un determinato bacino di utenza. Seguendo i criteri di valutazione dei fattori di emissione secondo il modello di calcolo della "Carbon footprint", si è potuto verificare che le emissioni dirette ed indirette di CO2 e N2O, dovute al consumo di energia elettrica, incidono significativamente sull'impronta di carbonio.

La "Carbon Footprint" del ciclo idrico integrato nelle aree urbane
L'energia incorporata, si riferisce alla quantità di energia richiesta per produrre e fornire un prodotto, materiale o servizio al punto di utilizzo. Nel settore del servizio idrico, l'Embody Energy è la quantità di energia associata con l'uso di una certa quantità d'acqua in un sito specifico: (KWh/mc), è la quantità di energia consumata per tutto il processo associato alla: Captazione, Approvvigionamento, Consumo, Smaltimento, Depurazione delle acque reflue e Riciclo.

Componenti del Ciclo idrico integrato nelle aree metropolitane
Un tipico sistema idrico integrato, è composto dalle seguenti componenti principali: la Fig. 1, rappresenta le diverse fasi in relazione ai potenziali usi finali - (i valori numerici si riferiscono al range di consumo energetico E.E. KWh/mc - min: 0,31, max: 8,10).

Captazione delle risorse idriche e trattamento
La prima fase del ciclo idrico integrato, è l'estrazione delle risorse idriche da acque superficiali o da falde sotterranee. Di solito l'energia è resa necessaria per l'estrazione dell'acqua da entrambe le fonti. Alcune di queste, hanno bisogno di piccoli trattamenti e di conseguenza richiedono piccoli quantitativi di energia elettrica, quindi la loro intensità energetica varia da un basso livello di richiesta energetica per un sistema di filtrazione a gravità ad alti valori di richiesta per sistemi di pompaggio di acqua di mare ad osmosi inversa.

Sistema di distribuzione e consumo
La maggior parte dell'energia consumata dai sistemi idrici urbani, viene utilizzata per il pompaggio, sia nella fase di captazione, di trattamento che in quella di distribuzione.
Nel 2015, in Italia gli acquedotti hanno consumato 6.092,7 GWh di energia elettrica, pari al 6% del fabbisogno energetico complessivo nazionale. A questo dato, bisogna aggiungere il contributo del settore agricolo (5.689,9 GWhe), la maggior parte del quale, è legato ai processi digestione e distribuzione dell'acqua a scopo irriguo.
In totale, si stima in Italia un consumo del 3% circa del fabbisogno elettrico complessivo: 297.179,9 GWhe.
Nel 2015 ogni abitante ha consumato in media 89,3 m3 di acqua per uso potabile, ovvero 245 l/ab x g.

Si riportano in Tabella 1 i consumi d'acqua espressi in miliardi di m3 per settore di attività.

Il dato medio dl consumo specifico di e.e. per i sistemi di approvvigionamento idropotabile, si attesta sul valore di 0,35 - 0,50 kWh/mc di acqua emunta.
I corpi idrici utilizzati per l'approvvigionamento idrico, si distinguono in:
- Acque sotterranee (pozzi e sorgenti);
- Acque superficiali (corso d'acqua, lago naturale, bacino artificiale);
- Acque marine o salmastre.
L'84% del prelievo nazionale di acqua ad uso potabile, deriva da acque sotterranee (47,9% da pozzo e 37 $ da sorgente), il 15,1% da acque superficiali (10,4% da lago naturale o bacino artificiale e 4,7% da corso superficiale) e lo 0,10% da acque marine o salmastre). (vedi tabella 2)


Il presente articolo è stato pubblicato a pag. 37 del n. 3/2017 di Recycling... continua a leggere