Scopriamo le principali filiere dei rifiuti in Italia e partiamo, nel primo numero 2020 di Recycling, dal settore a tutt'oggi maggiormente attenzionato, ossia quello della plastica
Premessa
L'Italia del Riciclo è giunto alla sua decima edizione. In questi dieci anni questo Rapporto, promosso da FISE Unicircular e Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, raccogliendo dati, approfondimenti e le valutazioni di tutte le principali filiere del riciclo dei rifiuti in Italia, ha fornito un quadro puntuale e aggiornato, registrando i progressi, ma anche le difficoltà, di filiere e attività decisive per l'auspicata transizione verso un modello di economia circolare. Questo Rapporto, in particolare, fornisce dati indispensabili per monitorare l'andamento reale delle diverse filiere del riciclo dei rifiuti, per cogliere tendenze e direttrici di sviluppo, punti di forza e di debolezza e problematiche prioritarie e urgenti per sollecitare anche misure da parte dei decisori politici. L'elaborazione di questo Rapporto ha costantemente coinvolto in modo attivo le diverse filiere del riciclo che hanno partecipato alla raccolta e verifica dei dati e alla individuazione aggiornata delle principali problematiche di più diretto interesse.
In questi dieci anni, L'Italia del Riciclo ha registrato una crescita importante delle quantità di rifiuti trattate, l'aumento delle imprese del riciclo e la loro evoluzione tecnologica, che, in alcuni casi, ha consentito di raggiungere vere e proprie punte di eccellenza europea.
Il riciclo dei rifiuti in Italia, per i risultati complessivamente raggiunti, è fra i livelli migliori in Europa. L'Italia è quindi oggi in grado di affrontare le sfide della transizione verso l'economia circolare avendo buone carte da giocare, in particolare nel riciclo dei rifiuti.
Bisogna tener presente però che in un Paese, come il nostro, in cui il settore industriale, in special modo quello del riciclo, è costituito in larga parte da PMI, procedure troppo lunghe e complesse e costi conseguenti scoraggiano le aziende ad entrare nel settore della preparazione al riuso e del riciclo, anelli importanti del modello economico circolare.
Il nuovo pacchetto di direttive europee per i rifiuti e l'economia circolare contiene nuovi e più ambiziosi target di riciclo che il sistema italiano è in grado di affrontare purché si realizzino gli impianti necessari a riciclare i maggiori quantitativi previsti, si affronti il tema dell'eco progettazione, crescano in quantità e qualità le raccolte, sia certa la cessazione della qualifica di rifiuto dopo adeguato trattamento (End of Waste), vi sia un miglioramento e una maggiore diffusione di buone pratiche, tecnologie e impianti di trattamento e di riciclo, sia assicurato maggiore sbocco ai materiali recuperati e il quadro normativo sia adeguato e completato di conseguenza.
PLASTICA: Valutazione del contesto di mercato europeo e internazionale
Nel 2017 (ultimo dato disponibile) la produzione di materie plastiche globale è stata di 348 Mt, con un incremento del 4% rispetto al 2016. In Europa (28+2) la produzione è stata di 64 Mt, con un aumento del 7% rispetto all'anno precedente (Figura 1). La distribuzione geografica della produzione di manufatti plastici vede ormai la Cina come maggior produttore mondiale (Figura 2). Gli imballaggi risultano essere il principale campo di applicazione delle materie plastiche rappresentando, in Europa, quasi il 40% della plastica trasformata e sono per lo più costituiti da PP, PE-HD, PE-LD-PE-LLD e PET (Figura 3). Il riciclo e il recupero energetico dei rifiuti degli imballaggi in plastica a fine vita sono ormai una realtà consolidata in Europa: nel 2016 il 41% degli imballaggi raccolti è stato riciclato e il 39% avviato a recupero energetico.
Andamento del settore a livello nazionale
Nel 2018 la crescita dell'economia italiana si è interrotta verso la fine dell'anno, registrando una contrazione degli indicatori congiunturali con un contenuto incremento del PIL (+0,9%). Il comparto delle materie plastiche ha seguito da vicino l'evoluzione dell'economia e negli ultimi mesi ha risentito pesantemente della frenata dei mercati internazionali, in particolare di quelli europei a cui sono diretti i maggiori volumi di esportazioni italiane. Anche l'imballaggio, che rappresenta lo sbocco di gran lunga più importante dei polimeri termoplastici vergini, ha fatto registrare un andamento decisamente riflessivo negli ultimi mesi in cui si sono verificate numerose fermate di impianti produttivi. La trattazione che segue si riferisce nello specifico alla filiera degli imballaggi in plastica.
L'immesso al consumo degli imballaggi in plastica
Al netto degli imballaggi prodotti in Italia ma esportati vuoti o con la merce venduta all'estero, degli imballaggi esenti e con il contributo dell'import, il quantitativo di imballaggi immessi al consumo sul territorio nazionale nel 2018 è risultato di 2.292 kt, con un aumento del dichiarato di un punto percentuale rispetto al 2017 (Figura 5). In termini di composizione, il 44% dell'immesso è costituito da imballaggi flessibili e il 56% da imballaggi rigidi. A livello di polimeri il grosso del consumo è coperto dal polietilene, indirizzato prevalentemente all'imballaggio flessibile, dove la sua quota arriva al 72%. Considerevoli quantitativi di consumo si hanno anche per PET e PP, che si rivolgono, viceversa, soprattutto all'imballaggio rigido. Tra gli altri materiali sono in buona crescita i volumi di consumo dei biopolimeri (PLA per bottiglie, manufatti termoformati e film biorientato, e soprattutto polimeri da amido per shopper), la cui quota ha raggiunto il 3% del totale (il dettaglio sulla gestione dei materiali in biopolimeri è riportato nel capitolo dedicato alla Frazione organica) (Figura 6). Per quanto riguarda la funzione degli imballaggi, vi è la netta prevalenza dell'imballaggio primario, che copre quasi il 70% del consumo complessivo, mentre l'imballaggio secondario (in massima parte film retraibile per fardellaggio) arriva al 7% del totale. Il canale domestico è nettamente prevalente tra i canali di formazione dei rifiuti, mentre i quantitativi di industria e commercio arrivano nel complesso al 37% del totale. Si consideri tuttavia che, attraverso le varie forme di assimilazione, una quota non indifferente di imballaggi destinati a industria e commercio finisce per migrare nel rifiuto domestico (es. HORECA, GDO e piccole attività artigianali) gestito dalla raccolta urbana.
La raccolta dei rifiuti di imballaggio in plastica
A causa della loro crescente complessità ed eterogeneità, oggi si trovano molte difficoltà a riciclare una parte degli imballaggi che vengono conferiti attraverso la raccolta differenziata urbana. Nell'anno 2018 la raccolta differenziata gestita dal Consorzio COREPLA è stata pari a 1.220 kt, con un aumento del 14% rispetto al 2017. La raccolta gestita dal Consorzio è composta dagli imballaggi in plastica e dalle frazioni estranee contenute nella raccolta monomateriale (Figura 7). La raccolta differenziata nel 2018 è cresciuta in tutte le aree del Paese. Il Nord conferma i buoni risultati degli anni precedenti arrivando a raccogliere 621 kt, seguito dal Sud con 362 kt (Figura 8).
Il riciclo dei rifiuti di imballaggio in plastica
La filiera degli imballaggi in plastica nel 2018 ha registrato un incremento del 7% delle quantità avviate a riciclo, aumentando del 3% il tasso di avvio a riciclo rispetto all'immesso al consumo (45% nel 2018).
La performance di riciclo rispetto all'immesso al consumo del 2018 risulta complessivamente in crescita in confronto agli anni precedenti, con un apporto positivo del riciclo gestito da COREPLA (Cons.) oltre a quello degli operatori indipendenti (Indip.). La stima Prometeia sui dati MUD per il 2018 di 376 kt, per il settore indipendente riflette un riaggiustamento dell'equilibrio domanda/offerta a seguito del China Ban, ovvero il bando cinese all'import dei rifiuti annunciato a metà 2017 (Tabella 1).
Per quanto riguarda le quantità avviate a riciclo, provenienti da raccolta differenziata, nel 2018 queste segnano un aumento del 9,6% sul 2017. Questo risultato è stato ottenuto in un contesto estremamente negativo caratterizzato dagli effetti del China ban. Il China ban ha causato un improvviso eccesso di offerta di rifiuti in Europa e generato un effetto a cascata: discesa a picco dei prezzi di quei prodotti che precedentemente venivano esportati nel Far East (tipicamente il film da commercio e industria) e conseguente marginalizzazione dei rifiuti similari, ma di minor qualità, come il film da post-consumo domestico.
Le presenti informazioni sono state tratte da "2019 - L'Italia del Riciclo" realizzato dalla "Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile" e da "Fise Unicircular" con il patrocinio del "Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare", del "Ministero dello Sviluppo Economico" e dell'"Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA".
L'articolo è stato pubblicato a pag 43 del n.123/2020 di Recycling... abbonati e continua a leggere