E' necessario prendere a cuore la gestione strutturale dell'inquinamento atmosferico, puntando al raggiungimento degli obiettivi di qualità dell'aria, che sono previsti dalla legislazione vigente, e quelli della riduzione decisa e drastica delle emissioni pericolose
Tutti gli anni, ai cambi di stagione, nelle città si presenta puntualmente il "leit motiv" dell'inquinamento atmosferico, che impone restrizioni ecologiche alla popolazione, tipo "tutti a piedi", oppure "giovedì senz'auto" o altro ancora, e all'industria. Si parla dello smog (smoke=fumo + frog=nebbia) che avvelena le aree metropolitane, rendendo sempre più prossima una catastrofe ambientale, se il rimedio non è puntuale e risolutivo. Catastrofe che, tutto sommato, è già in atto: è sufficiente, a questo proposito, guardarsi intorno per capire che la situazione ambientale è ampiamente discosta dal colore rosa.
L'inquinamento atmosferico è dovuto soprattutto agli ossidi d'azoto NOx (monossido NO e diossido NO2), all'anidride solforosa SO2 e al particolato PM 10 (anche se ultimamente se n'è approfondita la conoscenza e si parla addirittura di PM 2,5). Questi tre sono fra i maggiori colpevoli dei malesseri respiratori, e non solo, che possono provocare alla gente e all'ambiente.
Con NOx si intende parlare di ossidi d'azoto (ossido d'azoto NO e biossido d'azoto NO2), che sono fra le specie chimiche presenti nell'ambiente aereo fra le più preoccupanti per la salute umana; lo è soprattutto il biossido, gas caratterizzato da forte odore e di natura irritante. L'NO2 ha una funzione sostanziale nella formazione dello smog fotochimico, perché è primaria la sua presenza nella produzione di un complesso di inquinanti secondari altamente pericolosi fra i quali l'ozono O3 e gli acidi nitrico e nitroso. L'ozono è un inquinante secondario, nel senso che non è emesso dalle fonti tal quale, ma si forma nell'atmosfera a seguito delle reazioni che trovano nelle radiazioni solari l'ambiente favorevole, a seguito della presenza d'inquinanti, tra cui il principale è proprio il biossido d'azoto. Queste sostanze, se riescono a raggiungere il suolo (evento non difficile grazie alle precipitazioni meteoriche) possono provocare seri danni sia alle costruzioni, sia alla vegetazione. Sono ossidi che si formano in occasione di eruzioni vulcaniche, di incendi di boschi, e durante certi processi biologici. In questi casi, essi sono del tutto naturali. I contributi maggiori, però, provengono dagli indiretti interventi antropici orientati all'uso dei motori a combustione interna, al funzionamento delle centrali termoelettriche, alle attività industriali dipendenti dalla combustione e altro ancora.
L'SO2 è un gas incolore, non infiammabile, irritante e dall'odore pungente, che si scioglie facilmente nell'acqua; con queste caratteristiche non può essere altro che un cattivo ospite per l'ambiente aereo di cui è un inquinante eccellente. Di solito, l'SO2 resta nell'aria pochi giorni, dopodiché si ossida a SO3, triossido di zolfo, che reagendo con l'acqua liquida o allo stato di vapore, dà luogo all'acido solforico, responsabile in gran parte della formazione delle nebbie e delle piogge acide con le conseguenze sui manufatti umani noti a tutti. Le attività vulcaniche provocano la formazione di circa 20 milioni di tonnellate di SO2 l'anno, mentre l'uomo, per conto suo, ne produce indicativamente otto volte di più con la combustione delle sostanze fossili contenenti zolfo (carbone, petrolio) e dei loro derivati.
La crescita delle concentrazioni, soprattutto in ambito urbano, è da attribuire particolarmente al traffico veicolare e al riscaldamento. Gli innalzamenti subiti da PM 10 sono dovuti ai suoi componenti: esso, infatti, è composto dalla sommatoria delle particelle solide e liquide emesse direttamente nell'ambiente aereo (particolato primario) e di quelle che rappresentano il risultato nell'atmosfera stessa delle reazioni chimiche dovute sia agli ossidi d'azoto sia a quelli di zolfo con sostanze già in sospensione (particolato secondario).
Pur essendo esagerata la quantità di SO2 e di NO2 presenti nell'atmosfera, quella più micidiale è dovuta alla miscela costituita dalla grande quantità di polveri sottili (Particulate Matter), cioè di quelle particelle solide e liquide in sospensione nell'aria, che hanno dimensioni diametrali inferiori ai 10 micron e che costituiscono i PM 10. Ma c'è tutta una gamma di polveri sottili, che dai 10 scendono fino al di sotto dei 2,5 micron di diametro; queste sono definite PM 2,5. Gli innalzamenti subiti dal particolato sono dovuti ai suoi componenti: esso, infatti, è composto dalla sommatoria delle particelle solide e liquide emesse direttamente nell'ambiente aereo (particolato primario) e di quelle che rappresentano il risultato nell'atmosfera stessa delle reazioni chimiche dovute sia agli ossidi d'azoto sia a quelli di zolfo con sostanze già in sospensione (particolato secondario). Le loro ridottissime dimensioni ne consentono l'ingresso nell'organismo umano e una sistemazione stabile nella circolazione del sangue, combinando gravi danni alla salute. Negli ambienti urbani, chi si deve incolpare per questa forma d'inquinamento? Sicuramente, la formazione del particolato primario è da attribuire al traffico dei veicoli e dell'industria, mentre quella del particolato secondario trova nell'industria il contributo preminente, ma anche la circolazione dei veicoli non è esente da colpa. Si può approfondire il discorso relativo agli inquinatori e alle sostanze inquinanti liberate nell'atmosfera.
Gli NOx, non scherzano proprio nella loro qualità d'inquinanti critici, e ciò perché, soprattutto nei mesi più freddi e più caldi dell'anno, collaborano alla generazione di PM 10 e O3, che vanno spesso quantitativamente al di sopra dei livelli massimi previsti dalla legge. Nei mesi freddi, le quantità maggiori di NOx sono da imputare all'industria e al trasporto su strada, ma non sono da sottovalutare i contributi derivanti dal settore energetico, in particolare dal riscaldamento. Nei mesi caldi, è l'industria, l'artefice delle maggiori emissioni, principalmente per quanto si riferisce all'essiccamento di cereali e dei foraggi, oltre che al traffico di mezzi di trasporto e agricoli. In definitiva, si può affermare che le attività industriali - settore energetico compreso - e la mobilità sono i maggiori colpevoli della produzione di PM 10, NOx e O3.
Facendo riferimento alle attività industriali, il grosso della presenza in atmosfera di tali inquinanti è da addossare particolarmente all'industria chimica, seguita da quelle agroalimentari, meccaniche, di fonderia, di produzione di vetroresine, ceramica, calcestruzzo, di lavorazione del legno e della carta, ecc.
Il traffico veicolare, comunque, merita qualche parola in più.
Da analisi, controlli, riscontri e quant'altro, eseguiti proprio in merito alla mobilità dei mezzi, sembra di poter asseverare con una certa tranquillità che le polveri PM 10 di origine primaria siano da addossare, in modo quasi esclusivo, ai mezzi dotati di motore a combustione interna a ciclo diesel, privi degli adeguati dispositivi anti particolato e a benzina. Anzi pare che la produzione di polveri PM 10 secondarie essere attribuibile principalmente ai motori a benzina, per il loro alto numero in circolazione.
I veicoli commerciali costituiscono la categoria che, stando alle statistiche, produce la maggiore quantità di polveri PM 10, sia primarie sia secondarie.
I veicoli sono stati suddivisi in categorie. Si è iniziato con la categoria Euro 0, che comprende i veicoli più attempati e maggiormente inquinanti, immatricolati prima del 31.12.1992, che sono a benzina e gli altri definiti "non eurodiesel". Con il tempo si è continuato a cambiare le categorie, e ora si è a Euro 5, istituita nell'ottobre del 2008, che ha prescritto il montaggio sul mezzo a motore diesel del filtro anti particolato, mentre ha prescritto riduzione di emissioni su quello a benzina. I motori Euro 0 devono essere rottamati entro il 2019.
Tornando alla produzione primaria di PM 10, risulta che i motori diesel, seppure nuovi ma privi dei dispositivi antiparticolato siano più inquinanti di quelli a benzina: ad esempio un veicolo diesel Euro 3 tende a inquinare come un veicolo a benzina Euro 0.
Da questo discorso fatto sulle differenze che mostrano tra di loro i motori diesel e quelli a benzina in merito all'inquinamento atmosferico, si evince che si deve agire su alcune categorie di veicoli non su tutte, in maniera indifferenziata, se si vuole veramente realizzare un'effettiva riduzione delle emissioni prodotte dalla mobilità dei veicoli.
Come fare per ridurre questi inquinanti?
Le quantità delle emissioni sono metodologicamente individuabili, e ciò secondo consolidate modalità. Piuttosto, ciò che non è ancora definitivamente chiaro, è l'assenza di applicazioni modellistiche cui fare riferimento - perché non esistono -, per collegare le quantità di emissioni prodotte alla qualità di quelle attuate; in poche parole, non risulta molto chiaro come riuscire a valutare la qualità dell'aria che la gente respira. Questa velata dichiarazione d'impotenza di fronte a questa situazione sta ponendo l'accento su come un'azione di riduzione emissiva non trovi riscontro in una certezza numerica, che influenzi il valore della concentrazione con cui un componente dell'aria si evidenzia; ma ovviamente, pure in assenza di un tale importante dato, conviene sempre e comunque seguire un iter operativo, che riguardi precisi obiettivi di riduzione delle emissioni di inquinanti.
E' necessario, quindi, prendere a cuore la gestione strutturale dell'inquinamento atmosferico, puntando al raggiungimento degli obiettivi di qualità dell'aria, che sono previsti dalla legislazione vigente, e quelli della riduzione decisa e drastica delle emissioni pericolose. Si tratta di perseguire gli indirizzi di un piano d'intenti, che mirino alle direttive e alle prescrizioni con cui si possa pervenire a una loro giusta interpretazione e, di conseguenza, a una loro giusta applicazione da parte di tutti i soggetti coinvolti nell'affrontare e nel risolvere il gravoso problema che siano pubblici o privati. Sicché, si tratta di seguire tutto quanto è legato al problema, ottemperando agli obblighi, rispettando le scadenze, sfruttando gli incentivi, pagando le penali meritate, in quei settori che riguardano l'inquinamento atmosferico. Bisogna pianificare la questione della mobilità veicolare, eseguendo uno studio sui percorsi urbani da seguire e la sistemazione logistica dei parcheggi. Si deve disciplinare, incoraggiandola la circolazione dei ciclisti e dei pedoni. E' doveroso adeguare il parco veicolare attivo. E, inoltre, è indispensabile controllare gli impianti di riscaldamento pubblici e domestici. Di là da tutto questo, tuttavia, è importante fare un'intensa e penetrante opera d'informazione tra la popolazione, inculcare nella stessa una forte sensibilità ambientale e un senso di responsabilità, coinvolgendola in modo che risponda con una fattiva partecipazione alla risoluzione del problema. L'esame di tutto ciò può essere affrontato dalla Conferenza dei Sindaci, la quale ha la possibilità di capire se tutto quanto programmato ha avuto un corso positivo, oppure se si è trasformato in una sterile perdita di tempo; in quest'ultimo caso, è necessario che il discorso sia ripreso, al fine di perseguire risultati, questa volta, soddisfacenti e, se possibile, definitivi.
Dunque, gli inquinanti ricordati sono molto dannosi per la salute dell'uomo, producendo, in modo diverso, grossi problemi al suo apparato respiratorio (asma, bronchiti, ecc.) e non solo a quello.