Siamo arrivati a una soluzione?

I'End of Waste (in italiano: cessazione della qualifica di rifiuto) è un tassello fondamentale dell'economia circolare. Il raggiungimento di questo nuovo modello economico, sviluppato in sostituzione del modello di economia lineare, è però reso difficile da vincoli imposti dalla normativa vigente, che risulta spesso frammentata e non chiara. Nel seguente articolo si ripercorre la vita normativa dell'End of Waste, per comprendere meglio le problematiche sorte negli ultimi anni e se e come queste sono state risolte. Una speciale attenzione è dedicata alle problematiche connesse ai rifiuti da costruzione e demolizione

 

Un po' di storia
Il concetto di corretta gestione dei rifiuti entra in campo ben 44 anni fa, nel 1975, con la Dir. 75/442/CEE, che viene recepita in Italia con il "Decreto Ronchi" (D.lgs. 22/97). Tale decreto stabilisce regole precise per ridurre la produzione di rifiuti e promuovere il recupero e il riciclo. Entra poi in vigore il DM 5 febbraio 1998 (ancor oggi attuale), il quale individua i rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero.
Il 29 aprile 2006 con il D.lgs.152/06 viene emanato il Testo Unico Ambientale (TUA) che abroga il decreto Ronchi per poi di fatto inglobarlo nella sua parte IV. Il TUA definisce "l'End of Waste" all'art. 184-ter indicando che un rifiuto per cessare di essere tale deve soddisfare dei criteri specifici, nel rispetto di alcune condizioni, adottati in conformità con quanto stabilito dalla disciplina comunitaria o, qualora mancante, adottando il "caso per caso" attraverso decreti Ministeriali appositamente creati. Al riguardo, si precisa che, a oggi, a livello europeo, sono stati adottati solo sei regolamenti in materia di EoW, dedicati ai rottami metallici, di vetro e di rame, ai combustibili solidi secondari, al biometano e, l'ultimo arrivato, ai prodotti assorbenti per la persona. Quindi, le restanti autorizzazioni sono concesse dalle Regioni secondo il principio, sopra detto, del caso per caso. Il comma 3 dell'art. 184-ter si riferisce alle procedure semplificate che sostituiscono l'autorizzazione ordinaria all'esercizio di una attività se e solo se vengono seguiti degli standard ministeriali fissati nella forma del DM 05/02/1998, per i rifiuti non pericolosi, e del DM 161 del 12/06/2002, per i rifiuti pericolosi. Qualora questi criteri non fossero rispettati allora l'impianto rientrerebbe nelle procedure ordinarie.
Il 19/11/2008 in Europa viene emessa la direttiva quadro in materia di rifiuti (Dir. 2008/98/CE). La Direttiva riprende nel suo art. 6 "Cessazione della qualifica di rifiuto" l'art. 184-ter del Testo Unico Ambientale e stabilisce nel suo art. 4 la cosiddetta "gerarchia dei rifiuti", che indica in generale un ordine di priorità delle diverse forme di gestione dei rifiuti. L'Italia la recepisce abbastanza in fretta, con il D.lgs.205/10.
Il 4 luglio 2018 entra invece in vigore il pacchetto dell'economia circolare in cui vengono proposte modifiche a 6 direttive: sui rifiuti, sugli imballaggi, sui veicoli fuori uso, sulle pile e sugli accumulatori, sui RAEE e sulle discariche. Tra gli obiettivi delle nuove direttive sono previsti: il riciclo entro il 2025 per almeno il 55% dei rifiuti urbani e il 65% degli imballaggi.


La sentenza che mette in crisi, lo "Sblocca Cantieri" e il D.L. Crisi Aziendali
Il 28 febbraio del 2018 il Consiglio di Stato emette una sentenza (n. 1229) che mette in crisi tutto il sistema di gestione dei rifiuti.
Il Consiglio di Stato, richiamando la citata Dir. 2008/98/CE, in particolare il comma 3 dell'art.6, la interpreta riservando in via esclusiva allo Stato la possibilità di determinare i criteri di dettaglio sulla definizione delle condizioni che permettono ai rifiuti di poter diventare nuovi prodotti realizzando quel processo di recupero di risorse definito "End of Waste". Le Regioni vengono quindi private della facoltà di individuare "caso per caso" i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, in base ai quali concedere le autorizzazioni ordinarie.
Come risposta alle pressanti lamentele delle Regioni, il Ministero dell'Ambiente emana la legge 14/06/2019 n. 55, c.d. "Sblocca Cantieri" in cui stabilisce che torni alle Regioni la competenza per concedere le autorizzazioni agli impianti volti al trattamento dei rifiuti, continuando però a seguire i criteri dettati dal DM 5/02/1998 e successivi. La riforma rimane quindi ancorata al passato e non tiene conto dei progressi industriali e tecnologici nel frattempo raggiunti.
Regione Lombardia, a seguito dell'emanazione della Legge n. 1229 del 28/02/2018, ha chiesto tempestivamente al Ministero dell'Ambiente di confermare a livello interpretativo che le autorizzazioni esistenti non in fase di rinnovo o revisione potessero mantenere invariata la loro validità. La conferma è arrivata recentemente con il D.L. Crisi Aziendali. Lo stesso D.L. nell'art. 14 bis contiene la riforma della "cessazione della qualifica di rifiuto": attraverso questo emendamento si supera finalmente il blocco operativo generato dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 1229/2018 e dalla norma introdotta con la legge "Sblocca cantieri", riavviando, in linea con le disposizioni europee, i procedimenti autorizzativi End of Waste.


E per quanto riguarda i rifiuti da costruzione e demolizione?
La valorizzazione dei rifiuti da costruzione e demolizione (c.d. C&D) è una questione nodale per l'economia del Paese; è un problema, ma al tempo stesso un'opportunità, che coinvolge decine di migliaia di impianti di recupero. Solo in regione Lombardia i rifiuti gestiti nel 2014 sono stati pari a circa 7,2 milioni di tonnellate con riferimento ai materiali inerti (escluse terre e rocce da scavo) (Borghi et al., 2017).
Nel tavolo del sotto gruppo rifiuti inerti dell'"Osservatorio dell'economia circolare e transizione energetica" di Regione Lombardia, si sta lavorando alla preparazione di un Regolamento "End of Waste" per i rifiuti da C&D, essendo ancora mancante nello scenario italiano.
A tal proposito, l'ANPAR (Associazione Nazionale Produttori Aggregati Riciclati) ha chiesto agli operatori del settore del recupero dei rifiuti inerti quali fossero i problemi riscontrati quotidianamente a causa della normativa vigente, proponendo, oltretutto, delle soluzioni che messe tutte insieme possono gettare le basi per le nuove linee guida (ANPAR, 2019).
Uno di questi problemi, forse il più discusso, è quello legato alla modalità di valutazione del rilascio dei costituenti dei materiali e il potenziale inquinamento dell'ambiente. Attualmente la normativa impone l'applicazione del test di cessione i cui valori limite, dettati dal DM 5/02/98, risultano essere molto restrittivi. Per la stesura del nuovo regolamento ci si sta chiedendo, se è conveniente continuare a utilizzare il test di cessione per la valutazione dei rischi ambientali o se sarebbe meglio adottare nuovi metodi, come i test eco-tossicologici, già ampiamente utilizzati negli altri Stati membri dell'Unione Europea.


Conclusioni

A oggi si continuano ad attendere nuove notizie da parte del Ministero dell'Ambiente riguardo al regolamento EoW per i rifiuti inerti mentre il blocco operativo generato dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 1229/2018 e dalla norma introdotta con la legge "Sblocca cantieri" è stato superato con il D.L. Crisi Aziendali.
Nasce tuttavia anche in questa occasione una criticità, dettata da una nuova e stratificata procedura di "controlli sui controlli" sugli impianti che introduce la possibilità di controlli discrezionali a campione e con tempi di ritorno del giudizio che potrebbero superare i 325 giorni. Ciò ha fatto rinascere il malcontento tra le aziende che auspicano invece uno snellimento delle procedure burocratiche e la certezza dei titoli autorizzativi rilasciati dalle Autorità competenti.